2012-11-29 08:39:36

Paolo VI e il grido dei poveri, "i preferiti del regno di Dio"


Il Servo di Dio Paolo VI è stato il primo Papa a visitare i 5 continenti, facendosi interprete del “grido dei poveri”. La sua attenzione agli ultimi, che chiamò “i preferiti del regno di Dio”, è espressa in numerosi gesti di vicinanza. Ripercorriamo i passaggi principali del pontificato di Papa Montini dedicati alla povertà, come nuovo contributo della nostra emittente per l’iniziativa promossa dall'Unione Europea di Radiodiffusione (UER) intitolata “Why Poverty?”, speciale giornata di trasmissioni in Eurovisione dedicata a questo tema. Il servizio di Benedetta Capelli:RealAudioMP3

Povertà, carità e giustizia sociale. E’ su queste linee che Paolo VI indica la prospettiva di un’azione forte e incisiva per poter cambiare le sorti di un mondo che, negli anni ’70, era scosso da tensioni sociali e si apriva ad ideologie utopistiche. Il 261.mo Successore di Pietro, bresciano di Concesio, invita a volgere lo sguardo a Cristo ed a trovare nel Vangelo l’autentica risposta ai problemi dell’umanità, primo fra tutti la povertà:

“Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore” (Gaudium et Spes, 7 dicembre 1965)

In questo incipit della Costituzione conciliare “Gaudium et Spes” era indicato l’impegno della Chiesa e soprattutto del Vicario di Cristo, che ormai aveva traghettato il Concilio Vaticano II verso la conclusione. Qualche tempo prima, l’intervento di Papa Montini alle Nazioni Unite: “davanti a quel vasto areopago – scrisse Paolo VI - ci facemmo l'avvocato dei popoli poveri”:

“Nous faisons notre aussi la voix des pauvres…
E facciamo Nostra la voce dei poveri, dei diseredati, dei sofferenti, degli anelanti alla giustizia, alla dignità della vita, alla libertà, al benessere e al progresso. I popoli considerano le Nazioni Unite come il palladio della concordia e della pace; Noi osiamo, col Nostro, portare qua il loro tributo di onore e di speranza. Ecco perché questo momento è grande anche per voi”. (Discorso alle Nazioni Unite, 4 ottobre 1965)

Dunque, la Chiesa al fianco dei poveri perché in loro – ricorda il Papa - c’è Gesù:

“Nos meminemus in vulto …
Noi ricordiamo come nel volto d’ogni uomo, specialmente se reso trasparente dalle sue lacrime e dai suoi dolori, possiamo e dobbiamo ravvisare il volto di Cristo… Il nostro umanesimo si fa cristianesimo e il nostro cristianesimo si fa teocentrico; tanto che possiamo altresì enunciare: per conoscere Dio bisogna conoscere l’uomo”. (Ultima sessione pubblica del Concilio Vaticano II, 7 dicembre 1965)

Il Concilio Vaticano II formula apertamente l’auspicio che venga creato un organismo capace di “promuovere lo sviluppo delle regioni bisognose e la giustizia sociale tra le nazioni”. Proprio per rispondere a questo desiderio Paolo VI istituisce, con un Motu Proprio pubblicato il 6 gennaio del 1967, la Pontificia Commissione “Justitia et Pax”. Anni prima erano iniziati i suoi viaggi apostolici: è stato il primo Papa ad usare l’aereo; in India regala la sua automobile a Madre Teresa di Calcutta per aiutarla nelle sue opere di bene a favore dei poveri. Un segno della sua perenne attenzione per i più bisognosi che lo aveva spinto a rinunciare alla tiara e offrirla perché se ne ricavasse una somma da destinare a loro. In ogni viaggio ha voluto sempre incontrare i poveri: indimenticabile l’abbraccio di Paolo VI ai campesinos colombiani, “in loro – dice al suo ritorno – c’era il riflesso dell’amore del Signore sulla povertà”:

“Sois – vosotros – un signos, una imagen, un misterio de la presencia …Voi siete un segno, voi un’immagine, voi un mistero della presenza di Cristo…E tutta la tradizione della Chiesa riconosce nei poveri il sacramento di Cristo, non certo identico alla realtà dell’Eucaristia, ma in perfetta corrispondenza analogica e mistica con essa. Del resto Gesù stesso ce lo ha detto in una solenne pagina del suo Vangelo, dove Egli proclama che ogni uomo che soffre, ogni affamato, ogni infermo, ogni disgraziato, ogni bisognoso di compassione e di aiuto, è Lui, come se Lui stesso fosse quell’infelice, secondo la misteriosa e potente sociologia evangelica, secondo l’umanesimo di Cristo”. (Messa Bogotà, 23 agosto 1968)

Il Papa mette in luce le drammatiche differenze tra i poveri ed i ricchi. Molti passaggi della sua Enciclica, “Populorum Porgressio”, pubblicata nel 1967, un anno prima del viaggio in America Latina, richiama questa iniquità. Un testo che anche oggi resta di grandissima attualità, in cui ricorda che la pace passa per lo sviluppo e che la miseria è fonte di instabilità e violenza:
“Mentre un’oligarchia gode, in certe regioni, di una civiltà raffinata, il resto della popolazione, povera e dispersa, è ‘privata pressoché di ogni possibilità di iniziativa personale e di responsabilità, e spesso anche costretta a condizioni di vita e di lavoro indegne della persona umana’”. (Populorum Progressio)

Una denuncia, ma anche “un messaggio alla Chiesa e al mondo per la giustizia e la pace”:

“E vuole portare speranze buone e legittime ai popoli in via di sviluppo e suscitare in coloro che hanno possibilità di mezzi culturali ed economici la generosità e la solidarietà verso queste popolazioni più bisognose”. (Regina Coeli, 2 aprile 1967)

Paolo VI indica quindi un problema, ma anche la sua soluzione: lo sviluppo dei popoli appunto. Un mondo dove “il povero Lazzaro possa sedersi al banchetto del ricco”. E’ alla Caritas italiana che ricorda l’importanza dell’impegno, ma anche il “dovere della carità”, “che – dice - se è sincera, scende necessariamente a gesti concreti di comunione con chi è in stato di bisogno” .
Dentro il suo tempo, Paolo VI, con la chiarezza del suo pensiero, si sottrae a una tendenza di quegli anni: essere, sì, a favore della povertà o meglio dei poveri, dei proletari, degli indigenti, ma contro i possidenti, i ricchi ed i capitalisti. “La povertà – afferma rivolgendosi ai francescani – è la filosofia del Vangelo: cercate prima il Regno di Dio”:

“Voi conoscete che la povertà evangelica significa innanzitutto la collocazione del proprio pensiero sulla vita non in questa terra, non nelle sue ricchezze e nelle sue risorse, nelle sue soddisfazioni, nei suoi piaceri; non in ciò ch’essa è e ch’essa ci può esibire, non nel suo regno della terra, ma nel «Regno dei Cieli». (Discorso ai Francescani secolari, 19 maggio 1971)

Un pontificato lungo 15 anni, nel quale Paolo VI prende su di sé la sofferenza del suo tempo, animato sempre dall’amore per l’uomo che lo rende instancabile nelle iniziative a favore della giustizia e del progresso. “La Chiesa – sottolinea il Papa - è l’alleata per vocazione nativa dell’umanità indigente e paziente, perché la salvezza di tutti è la sua missione”:

“La Chiesa, amando e soffrendo insieme con gli affamati di pane e di giustizia, trova in qualche modo in se stessa la prodigiosa virtù di Gesù, che moltiplicò i pani per la folla e svelò la dignità d’ogni vivente per misero e piccolo che questi fosse. E trova le parole gravi e talvolta minacciose, anche se sempre materne, per i ricchi e per i potenti, quando l’indifferenza, l’egoismo, la prepotenza fanno loro dimenticare la fondamentale eguaglianza e l’universale fratellanza degli uomini, e consentono loro di confiscare a proprio esclusivo profitto i beni della terra, specialmente se questi sono frutto dell’altrui sudore e dell’altrui sacrificio”. (Omelia 80.mo anniversario Rerum novarum, 16 maggio 1971)







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