Elezioni in Somaliland: prosegue il processo di avvicinamento alla comunità internazionale
Elezioni mercoledì nello Stato del Somaliland, nel Corno d’Africa. Il Paese, autoproclamatosi
indipendente nel 1991, e non ancora riconosciuto, ha affrontato la tornata elettorale
quale ulteriore passo avanti nel processo di avvicinamento alla comunità internazionale.
Sette i partiti in lizza: le tre formazioni più votate parteciperanno alle consultazioni
generali per i prossimi dieci anni. Sul significato di queste consultazioni, Giancarlo
La Vella ha intervistato l’avvocato Pierfrancesco Meneghini, del gruppo
dei 55 osservatori internazionali al voto:
R. – Dal punto
di vista interno, sono un tassello nel processo di democratizzazione, lenta, ma certa.
Queste elezioni fanno seguito a quelle del 1999, del 2002, del 2010, sia presidenziali,
sia parlamentari. Dal punto di vista esterno, per il fatto di non essere ancora uno
Stato riconosciuto, è un momento importante per certificare di fronte alla comunità
internazionale la natura democratica del Paese e l’esistenza di uno Stato con istituzioni
stabili. E questo è anche il senso della presenza di osservatori internazionali.
D.
– Quali ostacoli ci sono ancora al pieno riconoscimento di un Paese come il Somaliland,
considerando che sul territorio della Somalia ci sono – praticamente – almeno tre
Stati: oltre al Somaliland, il Puntland e la Somalia stessa?
R. – Sono di vario
ordine. Uno di carattere geopolitico, per cui non si devono modificare confini post-coloniali.
Ma, naturalmente, poi ci sono anche ragioni di natura politica: il Somaliland è collocato
nell’ambito del Corno d’Africa, nel quale il problema più grave è quello della Somalia
centro-meridionale, con capitale Mogadiscio, rispetto alla quale la politica internazionale
sta muovendo un percorso di stabilizzazione e sembra – con tutti i dubbi di un processo
in corso – che stia pensando ad una sorta di struttura federale per l’intero Corno
d’Africa, eccezion fatta per la Somalia di Gibuti, che poi è una sorta di quarta Somalia
…
D. – Quali forze si sono espresse in questa tornata elettorale?
R.
– A queste elezioni amministrative regionali hanno partecipato sette partiti. I primi
tre partiti che risulteranno dalle urne saranno anche gli unici tre partiti a poter
candidare propri esponenti per le elezioni – vuoi parlamentari, vuoi presidenziali
– per i prossimi dieci anni. Infatti, la Costituzione del Somaliland, per evitare
la frammentazione politica – tenuto conto delle basi claniche e tribali che ci sono
– vuole ridurre a tre i partiti costituzionali che si confronteranno per i prossimi
dieci anni per la guida del Paese.
D. – Anche qui c’è un confronto tra partiti
laici, islamici e di altra ispirazione?
R. – No, non c’è una forte differenziazione
ideologica, quindi non è un problema tra fautori maggiori o minori di una posizione
– per esempio – antioccidentale in chiave di panislamismo. Tutti questi processi,
anche per questi tre partiti, si incrociano con la base, che ha una sua importanza
notevole, ripeto, di carattere clanico-tribale.