P. Spadaro, il Papa su Twitter per condividere il Vangelo
Benedetto
XVI sarà tra pochi giorni presente con continuità su internet attraverso Twitter,
uno dei social-network più utilizzati al mondo. Il nuovo account del Papa viene presentato
ufficialmente lunedì 3 dicembre in sala stampa vaticana. Ma qual è il senso di
questa presenza in rete e quali vantaggi potrà portare? Non c’è il rischio, come paventa
qualcuno, che la Chiesa si adegui così semplicemente alle mode comunicative, magari
facendo perdere profondità al messaggio evangelico? Lo nega decisamente il
direttore de La Civiltà Cattolica, il gesuita p. Antonio Spadaro che, in
quest’intervista, spiega come lo sbarco di Benedetto XVI su Twitter sia, anzi,
“una delle conseguenze ovvie del modo in cui la Chiesa negli ultimi decenni, almeno
da Pio XI, ha inteso il suo rapporto con la comunicazione”. “Il 3 dicembre 2012
– spiega ancora - si connette idealmente al 12 febbraio 1931, quando Pio XI lanciava
il suo primo messaggio via radio, attraverso la Radio Vaticana”. “Grazie alla presenza
di Benedetto XVI su Twitter – aggiunge il direttore de La Civiltà Cattolica - sarà
possibile condividere, più a largo raggio, il messaggio evangelico”. Nell’intervista
p. Spadaro spiega anche come sia possibile compiere un’esperienza spirituale attraverso
un semplice twit e come questa logica di comunicazione, condividere messaggi attraverso
relazioni, non sia in antitesi ma sia anzi connaturata al pensiero cattolico. P. Spadaro,
esperto di nuove tecnologie e comunicazione digitale, è un pioniere in Italia della
riflessione sul rapporto tra fede e internet di cui si occupa sul blog . Gli abbiamo
chiesto, anzitutto, perché il Papa sbarca su Twitter…
R- Direi che oggi, secondo
la logica della comunicazione, i messaggi di senso, e conseguentemente i messaggi
religiosi, non possono essere semplicemente trasmessi, ma devono essere condivisi.
Dunque i messaggi di senso passano anche attraverso i social-network, quali facebook,
twitter e tanti altri, che ormai stanno diventando dei veri e propri luoghi di senso.
Cioè luoghi di riflessione, considerazione e condivisione di valori, idee, momenti
di vita. Infatti nei social-network le persone condividono la vita, i desideri migliori,
e anche quelli peggiori, le domande, le risposte. E tanti leader religiosi sono già
su Twitter. Quindi direi che è normale che il Papa abbia un “account” che faccia riferimento
a lui. Direi quasi che, in fondo, il 3 dicembre 2012, si connette idealmente al 12
febbraio 1931, quando Pio XI lanciava il suo primo messaggio via radio, attraverso
la Radio Vaticana. Quindi ritengo che la presenza del Papa su Twitter sia una presenza
normale: cioè corretta, adeguata al modo in cui oggi l’uomo comunica.
D-
Quali sono i vantaggi della presenza di Benedetto XVI, e della sua parola, in questo
luogo di comunicazione?
Già Pio XI, appunto, parlava di “una tecnologia messa
al servizio delle relazioni e non della mera propaganda”. E difatto i social-network
vivono di una logica di condivisione, di una diffusione del messaggio all’interno
di relazioni. Infatti sappiamo bene come un messaggio presente su Twitter possa essere,
come si dice, “ritwittato”, cioè comunicato ad altri amici o possa essere anche commentato.
Quindi direi che questo è il vantaggio della presenza di Benedetto XVI su Twitter:
la possibilità di condividere, più a largo raggio, il messaggio evangelico.
D - Non c'è il rischio di un'adesione fatta da parte della Chiesa solo per essere
'presenti', quasi per adeguarsi a una moda?
Direi di no e anzi questo è l’approccio
più sbagliato alla comprensione della presenza del Papa su Twitter. Non è l’adeguarsi
all’ultima novità del momento. E’, al contrario, una delle conseguenze ovvie del modo
in cui la Chiesa negli ultimi decenni, almeno da Pio XI, ha inteso il suo rapporto
con la comunicazione. Bisogna anche ricordare che, nel suo Messaggio per la 46ma Giornata
mondiale delle comunicazioni sociali, il Papa notava che “sono da considerare con
interesse le varie forme di siti e applicazioni” – parlava proprio di “reti sociali”
– “che possono aiutare l’uomo di oggi a trovare spazi di silenzio, occasioni di preghiera,
di meditazione, di condivisione della Parola di Dio”. E’ chiaro che questo significa
una presenza del cristiano su internet assolutamente specifica, quindi non “per moda”
o per il fatto che l’uomo oggi vive anche in rete.
D- 140 caratteri non sono
pochi per esprimere un'idea o una riflessione spirituale? Non c'è il rischio di ridurre
la fede in slogan?
Proprio nel Messaggio che citavo prima, scritto dal Papa
per la 46ma Giornata delle Comunicazioni sociali, la più recente, Benedetto XVI, pur
senza citare Twitter, scrive che “nella essenzialità di brevi messaggi, spesso non
più lunghi di un versetto biblico, (e qui il riferimento mi sembra evidente) si possono
esprimere pensieri profondi se ciascuno non trascura di coltivare la propria interiorità".
Questa quindi è la chiave giusta di lettura, di interpretazione, coltivare la propria
interiorità. Grazie a questo è possibile esprimere dei messaggi essenziali, detti
con parole precise, che quindi richiedono un certo lavoro sul linguaggio, direi quasi
un lavoro poetico, per coniugare sapienza e precisione. Questa è la strada maestra
per cui l’espressione sintetica non va a detrimento della profondità o della lentezza
dell’assimilazione. Ma direi quasi al contrario favorisce l’aggancio per una meditazione
più affilata e densa. Lo dimostra il grande successo dei versi, della poesia su Twitter.
Nella nostra vita frenetica si avverte l’esigenza di avere qualcosa di affilato e
di sapiente che sia in grado di spaccare la quotidianità frenetica e mettere un piccolo
seme, un elemento di riflessione e meditazione. (Intervista a cura di Fabio Colagrande)