Oggi all’Onu la richiesta della Palestina di aderire come Stato non membro
Oggi il presidente dell’autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, chiederà ufficialmente
all’Assemblea generale dell’Onu di votare "sì" alla richiesta di adesione della Palestina
come Stato non membro. Sarebbero 130, secondo fonti diplomatiche, i Paesi che daranno
il loro appoggio. Divisa l’Europa: via libera della Francia. No dalla Germania, mentre
la Gran Bretagna si asterrà. Sì anche dalla Russia. Il dibattito si annuncia, dunque,
molto acceso anche per il forte disaccordo di Stati Uniti e Israele, per i quali si
tratta di un errore che impedirà di lavorare per la futura nazione palestinese. La
richiesta rallenterà davvero il percorso verso la nascita di uno Stato palestinese?
Salvatore Sabatino lo ha chiesto al collega Ugo Tramballi, inviato del
quotidiano Il Sole 24 Ore:
R. – Rallentare
qualcosa che non esiste è difficile. Non c’è un percorso, non c’è un dialogo, non
c’è un dibattito. C’è appena stata una "piccola" guerra a Gaza, dove Hamas – che è
il partito che propone la lotta permanente – è uscito vincitore, mentre Fatah e l’autorità
palestinese di Abu Mazen sono usciti sconfitti. E’ difficile capire di quale processo
stiano parlando gli americani e gli israeliani.
D. – L'Europa si presenta a
questo appuntamento molto divisa al suo interno: questo è un segnale negativo....
R.
– E’ un segnale estremamente negativo. Il fatto che ogni Paese andrà in ordine sparso
e in maniera molto divisa, è molto grave: questo contribuisce a mantenere l’opinione
che c’è dell’Europa in Medio Oriente, cioè un’Europa che non conta nulla. Del resto
non conta nulla nemmeno per Israele, che non ha mai considerato il Vecchio continente
un interlocutore: per Israele ci sono solamente gli americani.
D. - Si starebbe
lavorando perché Abu Mazen prometta di non adire alla Corte penale internazionale
contro Israele per gli insediamenti in Cisgiordania, considerati dall’Anp un ostacolo
alla pace. Sarebbe, questo, un primo compromesso?
R. – Volendo, sarebbe il
compromesso necessario. Quello che sta chiedendo la Palestina è nulla, perché sta
semplicemente chiedendo di passare da entità osservatrice a Paese "osservatore", ma
“Paese” per modo di dire. Lo sanno tutti e lo sanno meglio di tutti i palestinesi.
L’unico elemento è la capacità che diventando Paese osservatore possa poi partecipare
ai lavori del Tribunale internazionale dell’Aia e quindi chiedere che Israele venga
incriminato. Se questo ostacolo viene superato, non ci sono altre ragioni per non
accettare la richiesta palestinese. Anche se sono convinto che, pur superando questo
ostacolo, l’attuale governo israeliano, di estrema destra, si inventerà qualche altra
cosa per impedire anche questo piccolo passo avanti verso la lontana indipendenza
palestinese. Gli Stati Uniti dovranno stargli dietro.
D. - Su una cosa non
ci sono dubbi: anche per le Nazioni Unite si tratta di un ulteriore banco di prova
per la sua tenuta…
R. – Le Nazioni Unite sono sempre state così. Quando gli
attori coinvolti sono importanti, come gli Stati Uniti, la Russia, la Cina, anche
Israele, le Nazioni Unite non servono assolutamente a nulla: sono assemblearismo,
utile per fare buone discussioni, ma fine a se stesso.
D. – Si può fare una
previsione su come andrà a finire?
R. – L’unica previsione certa è il dato
di fatto geopolitico: Gaza ha dimostrato che Israele è sempre più sola, che l’Egitto
adesso esiste, certo, con tutti i suoi problemi istituzionali ancora non risolti però
ormai l’Egitto c’è. Quindi, attraverso le Nazioni Unite, in maniera pacifica – non
dimentichiamo che Israele ha sempre ignorato la parte pacifica della Palestina, perché
la richiesta delle Nazioni Unite è una richiesta pacifica - non sono Qassam, non sono
razzi, non è terrorismo – Israele non potrà più ignorare la necessità di riprendere
un processo di pace.