Doha: timori e dubbi alla conferenza Onu sui cambiamenti climatici
Riscaldamento globale, eventi "catastrofici" che rischiano di stravolgere gli equilibri
del pianeta, fondi alle nazioni in via di sviluppo per promuovere la lotta ai cambiamenti
climatici: sono questi e tanti altri i temi che sono discussi nella 18ma Conferenza
delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici, in corso da lunedì, per la prima volta
in un Paese del Medio Oriente. Il summit Cop 18 a Doha in Qatar, fra i maggiori produttori
al mondo di combustibili fossili (i più inquinanti), si chiuderà il 7 dicembre prossimo
e coinvolge circa 17mila delegati provenienti da 194 Paesi fra leader politici, esperti
del settore e rappresentanti delle Ong. A loro - riferisce l'agenzia AsiaNews - è
affidato il compito di raggiungere un nuovo accordo, che dia nuovo vigore al Protocollo
di Kyoto in scadenza a fine anno. Alla vigilia dei lavori sono montati i dubbi sulla
effettiva capacità delle nazioni sviluppate, di onorare la promessa di distribuire
30 miliardi di dollari in aiuti ai Paesi in via di sviluppo per la tutela dell'ambiente
e politiche "verdi". Un elemento di tensione fra i vari Stati e che rischia di precludere
accordi futuri. Il clima di incertezza è acuito dai risultati - discordanti fra loro
- di tre diversi rapporti emersi di recente, alla vigilia del summit delle Nazioni
Unite. L'Istituto internazionale per l'ambiente e lo sviluppo, con base a Londra,
sottolinea che Unione Europea, Stati Uniti, Giappone e gli altri Paesi sviluppati
hanno stanziato 23,6 miliardi in aiuti alle nazioni povere, nel periodo 2009-2012.
Non sarebbe stata quindi raggiunta la soglia di 30 miliardi, fissata in un primo momento.
Una stima dell'Istituto per le risorse mondiali, sede a Washington, afferma invece
che sarebbero stati distribuiti almeno 34 miliari di dollari. Un terzo rapporto, questa
volta del Centro per i cambiamenti climatici alla Hsbc di Londra, valuta la cifra
attorno ai 32 miliardi, ma di questi solo 25 sarebbero stati "assegnati"; l'assegnazione,
peraltro, non implica che, nel concreto, i fondi siano già finiti davvero nelle mani
dei beneficiari. Uno degli obiettivi già fissati dai partecipanti è di contenere,
entro fine secolo, l'aumento di soli due gradi delle temperature globali. Tuttavia,
anche fra i responsabili Onu dei cambiamenti climatici regna lo scetticismo e si prevede,
secondo le ipotesi più realistiche, una crescita media "tra i 3 e i 5 gradi". Al momento
i dati restano allarmanti: solo il 16% dell'energia mondiale proviene da fonti rinnovabili,
mentre restano in vetta alla classifica delle nazioni più inquinanti Paesi come Cina,
Stati Uniti, India e Russia. Ogni anno, avvertono gli esperti, solo la Cina produce
più di 8mila miliardi di tonnellate di gas serra, con una crescita del 171% dal 2000
a oggi. Al secondo posto gli Stati Uniti con5mila miliardi di tonnellate, quindi l'India
(2mila miliardi) e la Russia (1600 miliardi di tonnellate). I dati mostrano una volta
di più l'urgenza di sottoscrivere un "nuovo trattato" che vincoli tutti gli attori
mondiali alla tutela e alla conservazione dell'ambiente, a differenza di quanto è
avvenuto col Protocollo di Kyoto al quale Washington non ha mai aderito. Esso dovrà
essere firmato entro il 2015 ed entrare in vigore per il 2020. In caso contrario,
avvertono gli esperti, le conseguenze potrebbero essere devastanti: un documento della
Banca Mondiale conferma che il globo rischia "cambiamenti catastrofici" frutto dell'innalzamento
dei mari, un riscaldamento eccessivo e uno squilibrio nell'ecosistema ambientale.
(R.P.)