Nigeria, attentati. Il card. Onaiyekan: atti contrari ai principi fondamentali dell'umanità
Ancora violenze in Nigeria. Uomini armati hanno attaccato un’unità speciale della
Polizia nella capitale Abuja. Immediata la reazione dei militari, che sono riusciti
a respingere l’attacco senza provocare vittime. Probabile che dietro l’episodio ci
sia la mano della setta islamica dei Boko Haram, gli stessi che domenica hanno condotto
un duplice attacco con autobomba contro una chiesa protestante in una caserma, causando
la morte di 11 persone. “E’ inquietante vedere chi ci deve difendere subire attentati”,
ha commentato il presidente dei vescovi nigeriani, mons. Ingnatius Kaigama. E dolore
per l’ennesimo attacco avvenuto di domenica contro i cristiani viene espresso anche
dal neocardinale, John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, intervistato
da Paolo Ondarza:
R. – E’ molto
preoccupante che ci sia ancora un gruppo di persone, in Nigeria, che continua a colpire
chiese e ad uccidere gente innocente nel giorno di domenica. E’ una cosa che va contro
tutti i principi fondamentali dell’umanità.
D. – L’attacco è avvenuto all’interno
di un’importante caserma. C’è chi ha ipotizzato una presenza dell’estremismo islamico
all’interno dell’esercito…
R. – Questo non deve meravigliarci. Una volta, il
nostro presidente ha fatto scalpore dichiarando che anche all’interno del suo governo
ci sono membri di Boko Haram. Forse non aveva usato parole giuste, ma dopo questa
esternazione la gente gli ha chiesto: “Ma chi sono questi? E’ possibile che dentro
il tuo governo ci siano i Boko Haram?”. Si può comprendere il senso di disagio…
D.
– Lei ha più volte tenuto molto a precisare che in Nigeria non è in atto uno scontro
interreligioso. Perché allora colpire ancora una volta i cristiani?
R. – Ma
loro colpiscono non solo cristiani, e non colpiscono solo di domenica. A volte hanno
colpito anche di venerdì, contro le moschee. Torno a dire che Boko Haram non rappresenta
la faccia vera dell’islam nigeriano. Ho telefonato prima di questa intervista al mio
amico, il sultano di Sokoto, che è il capo riconosciuto di tutti i musulmani in Nigeria,
e con lui abbiamo stabilito che quando tornerò a casa studieremo come i capi religiosi
possano aiutare ancora il nostro Paese. C’è chi dirà, però, che il sultano di Sokoto
"is deceiving everybody", cioè non è onesto. Io so che è onesto. E’ chiaro che questi
terroristi non agiscono sotto il suo controllo. Quello che penso, però, è che lui
è il capo di tutti i musulmani: dunque, quei musulmani che lo riconoscono come leader
potrebbero fare qualcosa di più.
D. – Eminenza, lei si trova in Vaticano dove
ha ricevuto la porpora cardinalizia da Benedetto XVI. Come vive queste giornate così
importanti per la sua vita, per la sua vocazione, alla luce però anche di quello che
sta accadendo nel suo Paese?
R. – Chi ha partecipato al Concistoro, come pure
ieri alla Messa di Cristo Re, non può non rendere grazie e gloria a Dio per un evento
di grande grazia: una gioia santa che niente potrà cancellare, neanche le notizie
brutte dal mio Paese. Alle volte, le circostanze sono buone e facilitano il nostro
lavoro, ma sappiamo anche che non è sempre così: altrimenti, come mai i primi Papi
sono tutti finiti martiri? Credo che noi cristiani di oggi dobbiamo non andare in
giro cercando il martirio, però dobbiamo abituarci a vivere la nostra fede con gioia,
pur nei contrasti. Il Santo Padre ci ha ricordato che la porpora non è per fare il
grande maestro, il grande ed eminente signore, e così via. Il colore rosso che indossiamo
ci ricorda il sangue dei martiri. Io non ci sono arrivato, ancora: ma alcuni dei miei
fedeli sono morti, in queste circostanze. La loro morte va intesa nel contesto della
testimonianza di vita cristiana, cioè del martirio.