Il neocardinale Onaiyekan: rispondere alle violenze anticristiane con l'amore e la
ragione
Tra i neocardinali c’è anche l’arcivescovo nigeriano di Abuja, John Olorunfemi
Onaiyekan. Il collega Moses Amungole gli ha chiesto cosa significhi per
lui questo importante incarico:
R. – Obviously,
I feel a sense of responsibility; I also consider it an honour … Chiaramente, implica
per me una ancor maggiore responsabilità. Per il mio Paese, la Nigeria, lo considero
un grande onore. E’ una buona notizia per il Paese: cristiani e musulmani saranno
contenti, ora che hanno un altro cardinale! Credo che questo sia un bene.
D.
– Lei ha fatto il possibile per trovare una soluzione ai conflitti che colpiscono
il suo Paese, in particolare a causa degli integralisti islamici di Boko Haram. Questa
nomina le offrirà una possibilità in più?
R. – Well, let me put it this way:
… Diciamola così: i miei sforzi in realtà non sono rivolti sostanzialmente a risolvere
il problema di Boko Haram, quanto piuttosto a cercare di conservare tra i nigeriani
il senso della famiglia e dell’unità, affinché non permettano nemmeno a Boko Haram
di distruggere questo valore. Io credo che sia possibile isolare quei pochi che chiaramente
rappresentano un’anomalia, perché i musulmani nigeriani non sono i Boko Haram. Boko
Haram è composto da poche persone, mentre la grande maggioranza di musulmani con cui
abbiamo a che fare ogni giorno non coltiva le stesse idee. Quindi, noi continuiamo,
come cristiani convinti della nostra fede, ad annunciare il Vangelo agli altri, riconoscendo
pur sempre che ci sono altre persone che hanno la loro fede che desiderano sia rispettata
e con le quali possiamo collaborare, perché abbiamo molte cose in comune: a prescindere
dai valori spirituali che cristiani e musulmani condividono, c’è il fatto che siamo
cittadini dello stesso Paese e dobbiamo affrontare gli stessi problemi, le stesse
sfide. Per questo, dovremmo unire i nostri sforzi, anche intellettuali, per risolvere
questi problemi. Così non saremo avversari e nemmeno concorrenti, ma alleati. Sono
sicuro che così facendo, daremo impulso al Vangelo.
D. – Il conflitto si è
esteso anche al Kenya: i cristiani potrebbero dire di essere stanchi di porgere ancora
l’altra guancia …
R. – Well, talking of cheeks … We cannot rewrite to the Gospel,
but … Parlando di guance … Non possiamo riscrivere il Vangelo, e allo stesso tempo
dobbiamo leggerlo con realismo e ricordare sempre alla nostra gente che Gesù che ci
ha chiesto di porgere l’altra guancia, a sua volta ricevette uno schiaffo, ma invece
di porgere l’altra guancia, chiese: “Se ho detto qualcosa di sbagliato, dimmelo. Altrimenti,
perché mi hai schiaffeggiato?”. Da questo episodio io ho imparato la mia lezione,
ed è questa: se qualcuno ci maltratta, la risposta giusta non è quella di rispondere
allo stesso modo, ma di chiedere: “Perché lo stai facendo?”, opponendo al male la
forza dell’amore e della ragione. Perché questo è esattamente quello che ha fatto
Gesù. Coloro che dicono di essersi stancati di porgere l’altra guancia e che quindi
risponderanno alla violenza con la violenza, hanno perso di vista il filo rosso della
fede cristiana. Nel momento in cui un cristiano dice: “Sono stanco di perdonare”,
non è più un cristiano. E io credo che sia giusta questa affermazione: infatti, nel
nostro Paese siamo stati schiaffeggiati molte volte, ma sappiamo anche che restituire
lo schiaffo non risolverà il problema. Soprattutto quando non sai chi stai schiaffeggiando!
Una bomba esplode davanti alla tua chiesa e i giovani vanno ad incendiare le case
dei musulmani, che non hanno nulla a che fare con quella bomba! Quindi, colpiremo
persone innocenti, perché noi siamo stati colpiti ed eravamo innocenti … Questo certamente
non è cristiano, per non parlare del fatto che non è nemmeno un modo umano di affrontare
le situazioni. Per questo, il mio suggerimento alle persone che in Kenya si trovano
a subire questo genere di attacchi terroristici è di prendersi per mano, con la comunità
musulmana, perché questa stessa comunità musulmana è vittima di quegli attacchi terroristici.
Fate in modo che i cristiani si prendano per mano con i musulmani per affrontare questi
criminali. Loro possono chiamarsi in qualunque modo, Boko Haram o altro, e anche se
rivendicassero di uccidere nel nome di Dio, noi che crediamo in Dio, che sappiamo
chi è Dio, sappiamo che stanno mentendo. Se faremo questo, vi dico che questa gente
non avrà terreno su cui proliferare. Questo, ovviamente, non esime il governo dal
fare il suo dovere, che è quello di garantire la sicurezza dei cittadini. Questo aspetto
rientra in una pura questione di sicurezza, e non ci sono alternative. Il governo
deve intervenire con la polizia, con l’intelligence per affrontare questo gruppo.