Hamas accusa Israele di aver infranto la tregua. Mons. Twal: "Occorre una pace giusta
e duratura"
Ancora fragile la tregua israelo-palestinese. Hamas ha accusato ieri lo Stato ebraico
di aver infranto il cessate il fuoco. Un giovane palestinese è stato ucciso a sud
della città di Khan Yunes, nella Striscia di Gaza. Secondo Hamas si tratta della seconda
infrazione dopo che giovedì altri quattro palestinesi sono stati feriti dal fuoco
israeliano. L'uccisione è avvenuta immediatamente a ridosso dei reticolati che demarcano
il confine tra Israele e la Striscia di Gaza. Restano comuqnue positivi i commenti
sull'interruzione degli scontri armati. Il cessate il fuoco - ha detto mons. Giuseppe
Lazzarotto, nunzio in Israele e delegato apostolico a Gerusalemme e Palestina - è
motivo di “grande soddisfazione”. La speranza – ha aggiunto – è “che ci sia una tenuta”.
Sul significato di questa tregua, Amedeo Lomonaco ha intervistato il patriarca
latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal:
R. - La tregua
significa, in primo luogo, assenza di guerra e di violenza, ma non significa affatto
una soluzione e una pace giusta e duratura per tutti. Tanti sono stati i promotori
di questa tregua e ciascuno cercava di trovare il suo credito, da una parte e dall’altra.
Non so… Ad ogni modo, questa tregua permetterà almeno alla gente di curare i feriti,
che sono centinaia e centinaia.
D. - Quella della tregua è una storia che
si ripete in Medio Oriente. Ma in questa tregua - rispetto a quelle del passato -
c’è qualche speranza in più?
R. - No, perché rappresenta soltanto un ‘gioco’,
portato avanti ormai da tanti attori. Quello che c’è in più questa volta è che i palestinesi
sono stati uniti nel chiedere questa tregua e condannare la guerra.
D. - Nessuna
guerra è santa, come sostengono alcuni gruppi fondamentalisti palestinesi e nessuna
guerra è necessaria, come è invece ribadito dal governo israeliano. Si può uscire
da questa empasse?
R. - Dopo tante esperienze, speriamo ora che i dirigenti
politici abbiano il consenso per poter dire che sarebbe meglio per tutti quanti tornare
alla pace, tornare ad una pace giusta e al rispetto della persona umana, non continuare
a fare la prova delle armi e delle strategie per altri motivi. E’ tempo di ritornare
a vivere, è tempo di tornare ad avere una vita normale per tutti quanti. Credo che
tutti abbiano perso: chi ha perso meno, pensa di aver vinto! Non è bello per gli israeliani
a Tel Aviv essere nascosti nei rifugi per cinque giorni con tutto l'impatto negativo
per la loro economia. Non è bello vedere che tanti gruppi di pellegrini e turisti
hanno cancellato il loro incontro con me al Patriarcato. E questo significa che tanti
altri gruppi non sono arrivati in Terra Santa. E’ un male per tutti quanti: è un male
per i palestinesi, è un male per gli israeliani, è un male anche per noi cristiani.
Credo che tutti abbiano perso!
D. - Uno scenario drammatico in cui, però, si
condivide il male, in cui si condividono le sofferenze. Il fatto di aver sofferto
tanto, può finalmente far capire che bisogna andare oltre…
R. - Questo è il
mio augurio. Questo è il nostro augurio. A livello di patriarcato e di diocesi, sia
in Cisgiordania sia qui, abbiamo decretato tre giorni di preghiera e di digiuno per
la pace.