Vivere una guerra o subirla attraverso i media: le ricadute psicologiche sui bambini
Guerra e bambini, un triste binomio, messo in evidenza negli ultimi tempi dai conflitti
in Siria e a Gaza; ma la storia è costellata, purtroppo da centinaia di guerre che
hanno avuto come vittime i minori, piccole pedine di un gioco che ha come protagonista
assoluta l’incomprensibile violenza degli adulti. I bambini che vivono in prima persona
una guerra, che danni hanno dal punto di vista psicologico? Salvatore Sabatino
lo ha chiesto ad Antonio Tundo, direttore dell’Istituto di Psicopatologia di
Roma:
R. – I danni
possono essere molto importanti, perché i bambini non sono come gli adulti che poi
hanno la capacità di razionalizzare, di riflettere; sono delle spugne che assorbono
completamente sia l’impatto emotivo pesante, sia la violenza stessa.
D. – I
bambini di oggi saranno ovviamente gli adulti di domani: esperienze così traumatiche
influiscono dunque in maniera indelebile sulla crescita?
R. – Diciamo che non
possiamo trarre conclusioni definitive; sicuramente, i bambini esposti alla violenza
tendono ad identificarsi con questa, e quindi c’è un rischio che possano a loro volta
riprodurre da adulti quegli stessi atteggiamenti violenti che hanno osservato.
D.
– Esiste poi l’altro fenomeno, quello dei bambini che non vivono la guerra in prima
persona ma che, attraverso la tv, entrano in contatto con realtà terribili. E’ pericoloso
anche in questo caso?
R. – E’ pericoloso per due motivi: uno, perché queste
scene danno al bambino l’idea di un mondo negativo, violento, di una percezione pessimistica
della realtà che si porteranno dietro nella crescita. E poi, perché comunque i bambini,
non avendo strumenti di difesa razionale, finiscono con l’assorbire e quindi possono
rischiare di sviluppare delle paure, delle ansie.
D. – Nei social network,
che sono molto frequentati dai minori, c’è stata – soprattutto negli ultimi giorni
– una moltiplicazione di immagini cruente che mostravano i bambini uccisi a Gaza.
Entrare in contatto con la morte violenta, in maniera così diretta, senza filtri,
è molto pericoloso …
R. – E’ pericoloso perché può far sviluppare una sorta
di trauma e quindi creare insonnia, agitazione, fobie… Dipende anche dalla predisposizione
del bambino: i bambini più sensibili, più apprensivi possono non riuscire più a dormire
di notte, avere queste immagini che si ripetono nella loro mente, vivere quindi con
grande angoscia e sviluppare veri e propri grandi timori.
D. – A tal proposito,
esistono dei campanelli d’allarme che possono far comprendere ad un genitore che il
figlio ha subito un trauma da visioni di immagini cruente?
R. – Sì: il bambino
più sensibile diventa più insicuro, ha paura di dormire da solo, chiede spiegazioni,
chiede di essere maggiormente rassicurato … Quando vediamo che dopo l’esposizione
a questo tipo di immagini emergono questi comportamenti, allora è importante stare
vicini emotivamente al bambino, rassicurarlo, provare in qualche modo ad accompagnarlo
razionalmente nel percorso di uscita, di superamento di questa fobia.
D. –
E se non ci riescono, a chi possono rivolgersi?
R. – Se non ci riescono significa
o che ciò che è successo li ha colpiti in profondità, oppure che hanno “latentizzato”
un timore: allora, in questo caso, l’aiuto psicologico di persone esperte, anche per
breve durata, può essere fondamentale.