2012-11-22 08:15:08

Violenze in Siria: la Nato valuta la richiesta della Turchia di avere missili Patriot ai propri confini


Ed è scenario di guerra anche in Siria dove non si fermano gli scontri. La Nato sta valutando la richiesta della Turchia di avere missili Patriot sul suo territorio, ai confini con il territorio siriano. Il servizio è di Marina Calculli: RealAudioMP3

L’esercito siriano ha posto fine ieri dopo diverse settimane all’assedio attorno alla base di Sheikh Souleiman, a 25 km da Aleppo, in gran parte controllata dai ribelli. Questi ultimi hanno preso il controllo di una quindicina di carri e blindati di fabbricazione sovietica, oltre ad armi e munizioni di vario tipo. L’esercito ha invece ripreso a bombardare i sobborghi della capitale e ieri nel cuore di Damasco alcune pacifiste che hanno attraversato il souk (mercato) vestite da spose, chiedendo la fine delle operazioni militari, sono state arrestate. Una di loro era già finita in carcere precedentemente per aver mostrato davanti al palazzo del governo uno striscione il cui rivendicava l’unità della Siria. Intanto il consiglio dei ministri dell’Unione Europea non ha levato l’embargo sulle armi dirette ai ribelli siriani. La Francia, che aveva avanzato la proposta a Bruxelles, ha detto che non violerà la decisione. Mentre la situazione umanitaria si aggrava, George Sabra, noto oppositore del regime, ha detto che per evitare il collasso la Siria ha un urgente bisogno di almeno 60 miliardi di dollari.
Resta, dunque, incandescente il versante siriano. A preoccupare oltre il bilancio quotidiano di vittime anche l’emergenza umanitaria. Una crisi che non deve essere privata del diritto di cronaca, come ribadisce Dina Taddìa, responsabile della Ong GVC che opera nel Paese. Cecilia Seppia l’ha intervistata: RealAudioMP3
R. – Noi che lavoriamo come organizzazione degli aiuti umanitari ci rendiamo conto come, in queste ultime settimane, da una parte sia stato dato giustamente rilievo a quanto sta succedendo nella Striscia di Gaza, in Israele e Palestina, mentre dall’altra è caduto quasi nel dimenticatoio quanto sta succedendo in Siria.
D. – Pensiamo proprio ai rifugiati e agli sfollati. Sono oltre un milione e mezzo le persone costrette a lasciare le loro case, mentre due milioni e mezzo sono quelli che subiscono in prima persona le conseguenze di una guerra civile che porta fame, povertà, violazione dei diritti umani. Una situazione ampiamente preoccupante...
R. – Estremamente preoccupante e che sta chiaramente peggiorando con l’arrivo dell’inverno. Noi, come Gvc, stiamo lavorando in Libano con i profughi siriani, che si stanno ammassando al confine libanese, e ci rendiamo conto di come nel corso degli ultimi mesi la situazione sia peggiorata. Fino a qualche mese fa, lo stare in tenda poteva in qualche maniera essere accettabile. Adesso, con l’arrivo dell’inverno, ci vediamo costretti a fornire stufe, materassi, coperte, vestiti, perché queste persone sono fuggite senza nulla o con quanto avevano addosso. E’, quindi, una situazione estremamente preoccupante, che chiaramente avrà delle ripercussioni anche sul piano della salute, soprattutto per i bambini ma anche persone anziane e moltissime donne incinte.
D. – Dal punto di vista degli aiuti umanitari, riuscite a soddisfare le richieste della popolazione e comunque ad entrare nelle zone più colpite, più a rischio, e a portare soccorso?
R. – Noi come tante altre ong e la comunità internazionale stiamo cercando di fare quanto possibile per queste persone, anche se in questo momento l’accesso degli aiuti umanitari è particolarmente complesso. La situazione, infatti, non è semplice, anche nel capire dove e con chi relazionarsi. Sarebbe, comunque, importante fare molto di più e che ci fossero più fondi e la possibilità di un impegno anche politico maggiore, per fare in modo che questo conflitto interno possa finire al più presto.
D. – Accanto alla situazione e a questa emergenza profughi c’è la questione dell’insicurezza alimentare. Proprio le Nazioni Unite e la Fao, in particolare, parlano di tre milioni di persone a rischio di insicurezza alimentare. In che senso? Manca il cibo oppure il cibo che c’è non è sicuro?

R. – In Siria, dopo un anno di conflitto, la situazione rispetto alla mobilità delle merci, alle coltivazioni è particolarmente danneggiata. Nelle città, in particolar modo, è difficile trovare alcuni generi di prima necessità, perché la situazione fa sì che vi sia un movimento locale ridotto al massimo per motivi di sicurezza e che dunque scarseggino gli approvvigionamenti di cibo sufficienti per i bisogni di tutti. Senza considerare il fatto che l’aumento della disoccupazione è anche fonte dell’embargo della Lega Araba e quindi anche delle diminuzioni dei flussi finanziari dall’estero. Ciò fa sì che molte persone non siano più in grado di acquistare il cibo sul mercato, il quale negli ultimi mesi è salito nuovamente di prezzo, diventando per molti inaccessibile.











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