Violenze in Siria: la Nato valuta la richiesta della Turchia di avere missili Patriot
ai propri confini
Ed è scenario di guerra anche in Siria dove non si fermano gli scontri. La Nato sta
valutando la richiesta della Turchia di avere missili Patriot sul suo territorio,
ai confini con il territorio siriano. Il servizio è di Marina Calculli:
L’esercito
siriano ha posto fine ieri dopo diverse settimane all’assedio attorno alla base di
Sheikh Souleiman, a 25 km da Aleppo, in gran parte controllata dai ribelli. Questi
ultimi hanno preso il controllo di una quindicina di carri e blindati di fabbricazione
sovietica, oltre ad armi e munizioni di vario tipo. L’esercito ha invece ripreso a
bombardare i sobborghi della capitale e ieri nel cuore di Damasco alcune pacifiste
che hanno attraversato il souk (mercato) vestite da spose, chiedendo la fine delle
operazioni militari, sono state arrestate. Una di loro era già finita in carcere precedentemente
per aver mostrato davanti al palazzo del governo uno striscione il cui rivendicava
l’unità della Siria. Intanto il consiglio dei ministri dell’Unione Europea non ha
levato l’embargo sulle armi dirette ai ribelli siriani. La Francia, che aveva avanzato
la proposta a Bruxelles, ha detto che non violerà la decisione. Mentre la situazione
umanitaria si aggrava, George Sabra, noto oppositore del regime, ha detto che per
evitare il collasso la Siria ha un urgente bisogno di almeno 60 miliardi di dollari.
Resta, dunque, incandescente il versante siriano. A preoccupare oltre il bilancio
quotidiano di vittime anche l’emergenza umanitaria. Una crisi che non deve essere
privata del diritto di cronaca, come ribadisce Dina Taddìa, responsabile della
Ong GVC che opera nel Paese. Cecilia Seppia l’ha intervistata: R. – Noi
che lavoriamo come organizzazione degli aiuti umanitari ci rendiamo conto come, in
queste ultime settimane, da una parte sia stato dato giustamente rilievo a quanto
sta succedendo nella Striscia di Gaza, in Israele e Palestina, mentre dall’altra è
caduto quasi nel dimenticatoio quanto sta succedendo in Siria. D. – Pensiamo proprio
ai rifugiati e agli sfollati. Sono oltre un milione e mezzo le persone costrette a
lasciare le loro case, mentre due milioni e mezzo sono quelli che subiscono in prima
persona le conseguenze di una guerra civile che porta fame, povertà, violazione dei
diritti umani. Una situazione ampiamente preoccupante... R. – Estremamente preoccupante
e che sta chiaramente peggiorando con l’arrivo dell’inverno. Noi, come Gvc, stiamo
lavorando in Libano con i profughi siriani, che si stanno ammassando al confine libanese,
e ci rendiamo conto di come nel corso degli ultimi mesi la situazione sia peggiorata.
Fino a qualche mese fa, lo stare in tenda poteva in qualche maniera essere accettabile.
Adesso, con l’arrivo dell’inverno, ci vediamo costretti a fornire stufe, materassi,
coperte, vestiti, perché queste persone sono fuggite senza nulla o con quanto avevano
addosso. E’, quindi, una situazione estremamente preoccupante, che chiaramente avrà
delle ripercussioni anche sul piano della salute, soprattutto per i bambini ma anche
persone anziane e moltissime donne incinte. D. – Dal punto di vista degli aiuti
umanitari, riuscite a soddisfare le richieste della popolazione e comunque ad entrare
nelle zone più colpite, più a rischio, e a portare soccorso? R. – Noi come tante
altre ong e la comunità internazionale stiamo cercando di fare quanto possibile per
queste persone, anche se in questo momento l’accesso degli aiuti umanitari è particolarmente
complesso. La situazione, infatti, non è semplice, anche nel capire dove e con chi
relazionarsi. Sarebbe, comunque, importante fare molto di più e che ci fossero più
fondi e la possibilità di un impegno anche politico maggiore, per fare in modo che
questo conflitto interno possa finire al più presto. D. – Accanto alla situazione
e a questa emergenza profughi c’è la questione dell’insicurezza alimentare. Proprio
le Nazioni Unite e la Fao, in particolare, parlano di tre milioni di persone a rischio
di insicurezza alimentare. In che senso? Manca il cibo oppure il cibo che c’è non
è sicuro?
R. – In Siria, dopo un anno di conflitto, la situazione rispetto
alla mobilità delle merci, alle coltivazioni è particolarmente danneggiata. Nelle
città, in particolar modo, è difficile trovare alcuni generi di prima necessità, perché
la situazione fa sì che vi sia un movimento locale ridotto al massimo per motivi di
sicurezza e che dunque scarseggino gli approvvigionamenti di cibo sufficienti per
i bisogni di tutti. Senza considerare il fatto che l’aumento della disoccupazione
è anche fonte dell’embargo della Lega Araba e quindi anche delle diminuzioni dei flussi
finanziari dall’estero. Ciò fa sì che molte persone non siano più in grado di acquistare
il cibo sul mercato, il quale negli ultimi mesi è salito nuovamente di prezzo, diventando
per molti inaccessibile.