Congo: continuano le ostilità nel Kivu, i ribelli di M23 non si ritirano da Goma
Nella Repubblica Democratica del Congo, continua la crisi politica e militare nella
regione orientale del Kivu. Iribelli del Movimento dell’M 23 si sono asserragliati
a Goma nonostante gli appelli dei leader regionali a lasciare la citta' e sembrano
non abbandonare l’intenzione di marciare su Kinshasa. Scontri si registrano anche
nell'area di Sake dove sono stati uditi colpi di mortaio. Intanto il leader del movimento,
Lugerero, e' stato richiamato in Uganda, per colloqui con il presidente. E un appello
a fermare le ostilità e a rispettare l’integrità territoriale del Congo è arrivato
dai vescovi di 34 Paesi africani, riuniti in questi giorni a Kinshasa. “Siamo scandalizzati
e sconvolti per la crescente violenza armata” che ancora una volta sta provocando
“una enorme tragedia umana”, scrivono i presuli, ricordando anche le migliaia di uomini,
donne e bambini colpiti dal conflitto. Un appello a favore dei bambini rimasti orfani
a causa dei combattimenti è arrivato anche dalla Ong “Sos Villaggi dei Bambini”, che
definisce “disastrosa” la condizione dei minori, specificando che “la Repubblica Democratica
del Congo continua ad essere il Paese africano con il più alto tasso di bambini soldato”.
Il servizio è di Davide Maggiore:
“Resteremo a
Goma, aspettando i negoziati”, ha detto il leader politico dei ribelli, Jean Marie
Runiga, che ha ribadito di non aver intenzione di fermare l’avanzata ancora in corso
dei miliziani. Ieri, i ribelli avevano minacciato di marciare sulla capitale Kinshasa.
Runiga ha spiegato che l’inizio dei colloqui con il presidente congolese Joseph Kabila
è “la premessa” per qualsiasi altra decisione. Peggiora intanto la situazione umanitaria:
l’Onu parla di esecuzioni sommarie ad opera dei guerriglieri e a Goma mancherebbero,
secondo alcune testimonianze, acqua potabile ed elettricità. Le congregazioni missionarie
presenti in città hanno però deciso di restare accanto alla popolazione, come ha riferito
uno di loro all’agenzia Misna. Non si ferma, invece, la fuga dei civili verso la città
di Bukavu, teatro ieri di proteste. A descrivere la situazione è padre Justin Nkunzi,
direttore della commissione "Giustizia e Pace" dell’arcidiocesi di Bukavu, contattato
telefonicamente da Marie Duhamel, della redazione francese della nostra emittente:
R.
– Ce matin, Bukavu s’est bien réveillé ; tout le monde est au travail … Questa
mattina, Bukavu si è svegliata bene: tutti sono andati al lavoro – anch’io sono venuto
a lavorare; il centro della città è aperto, la circolazione a tuttora è ancora normale
... Ma soprattutto ieri, la gente era in fermento: hanno alzato le barricate per le
strade, hanno fatto delle manifestazioni …
In città si attende ora di capire
quale impatto avrà l’arrivo dei profughi, che la Caritas di Goma ha stimato in circa
100 mila. Ancora padre Nkunzi:
R. – Nous sommes en train de compter beaucoup
sur la solidarité des gens, … Facciamo grande affidamento sulla solidarietà della
gente, sull’impegno ad evitare azioni inutili, pronti ad affrontare ogni eventualità
con serenità … Abbiamo fiducia nelle nostre istituzioni ; speriamo che la situazione
possa essere ancora recuperabile : non tutto è ancora perduto. Vedremo cosa succederà
…
E sull’avanzata dei ribelli, Paolo Ondarza ha sentito Luciano Scalettari,
giornalista di "Famiglia Cristiana" esperto dell’area:
R. – Se i ribelli
dell’M23 non si fermano - perché hanno annunciato di voler andare avanti -
arriveranno a Bukavu, capitale del sud Kivu. Qualora questo avvenisse, significa che
tutta la fascia di confine con il Rwanda e il Burundi viene presa da questo movimento
ribelle. Consideriamo che si tratta di una fascia molto ricca, la cui presa di possesso
da parte dei ribelli comporterebbe uno spostamento di equilibri nel controllo sulle
risorse.
D. – Ma chi sono i ribelli dell’M23 che puntano a marciare
su Kinshasa?
R. – Questi sono ex-disertori, ex-militari, ex-generali, con
interessi forti proprio nell’ambito del commercio delle materie prime e del controllo
delle miniere di coltan, oro, diamanti. C’è di tutto in quella zona. Prendono queste
ricchezze, le vendono e, con il ricavato, si riforniscono di armi. Di per sé è un
processo che è inarrestabile finché non interviene un agente esterno che riesca, in
qualche modo, a mettere sotto controllo la zona. L’insofferenza della popolazione
nei confronti dell’Onu nasce proprio da questo: cioè questo unico agente esterno che
potrebbe essere un intervento Onu, un intervento super partes, non arriva mai.
D.
– Tra l’altro l’M23 sembra godere dell’appoggio del Rwanda nonostante le autorità
del Paese neghino ogni loro coinvolgimento…
R. – I Paesi confinanti con quella
zona, sono tre: Uganda, Rwanda e Burundi. Il Burundi ha già troppi problemi per sé
per occuparsene. Tuttavia, l’M23 viene descritto come una forza con apparati
di comunicazione sofisticati, armamento decisamente superiore a quello delle forze
armate congolesi: queste armi da qualche parte dovranno pure arrivare! Questo va precisato
per andare oltre il “balletto” delle smentite.
D. - Intanto, la situazione
umanitaria degenera, la popolazione è allo stremo, manca l’acqua potabile…
R.
– La popolazione congolese in quella zona, per la stragrande maggioranza, non ha riserve.
L’emergenza si crea nel giro di 72 ore: non ci sono frigoriferi, gran parte della
gente non li ha e la fame inizia a farsi sentire dopo due giorni in cui non ci si
riesce a procurare cibo nel mercato locale. In questo momento il problema è proprio
la fame, la sete. E’ una zona di altipiano, c’è il freddo notturno, e quindi si diffondono
malattie polmonari, malattie dei bambini... Nell’immediato il problema è assistere
la popolazione. Ci arrivano notizie dal centro dei salesiani di Ngangi dove da settemila
adesso i rifugiati accolti sono diventati diecimila. Io ho visto il centro e mi chiedo
dove potranno trovare spazio diecimila persone! Tutte le altre realtà missionarie
presenti che hanno spazi, che hanno luoghi, stanno accogliendo persone, stanno fornendo
cibo, però è chiaro che i missionari hanno un po’ di riserva in magazzino, ma non
per diecimila persone, è un numero veramente imponente. Credo che nell’immediato ci
sia bisogno di una risposta in termini puramente umanitari, ammesso che i militari,
l’M23, l’esercito, consentano il passaggio degli aiuti. Poi, come dicevo, occorrerà
un intervento delle Nazioni Unite e dell’Unione Aricana, che metta la parola fine
a decenni di sofferenze di quest’area del pianeta che è veramente una delle più frustrate
e vessate al mondo.