2012-11-22 13:59:29

Benedetto XVI riceve il presidente di Haiti, Michel Joseph Martelly


Benedetto XVI ha ricevuto ieri il presidente di Haiti, Michel Joseph Martelly, che poi ha incontrato il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, accompagnato da mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. “Durante i cordiali colloqui – riferisce la Sala Stampa vaticana - sono state passate in rassegna le buone relazioni esistenti fra la Santa Sede e lo Stato. Si è quindi ricordato il particolare contributo offerto dalla Chiesa, tramite le sue istituzioni educative, sociali e caritative, particolarmente durante il terremoto che ha colpito il popolo haitiano e nella fase di ricostruzione del Paese. Nel corso della conversazione ci si è infine soffermati sull’importanza di continuare a collaborare per lo sviluppo armonico della società haitiana”.

Haiti, tra i Paesi più poveri al mondo, colpito da innumerevoli calamità, resta sovente in ombra sulla scena politica internazionale. Ma quali sono le condizioni attuali della popolazione dopo il terremoto del gennaio 2010, l’insorgere dell’epidemia di colera ed il passaggio dell’uragano Sandy nell’ottobre scorso? Roberta Gisotti ha intervistato Luca Guerneri, responsabile di Terre des Hommes per i Progetti in aiuto di Haiti:RealAudioMP3

R. – La situazione dopo il terremoto è enormemente cambiata perché effettivamente non si vedono macerie. Si vedono anche opere che hanno fatto le Ong e le organizzazioni internazionali per quanto riguarda la capitale. Purtroppo permane un problema gravissimo, quello del dissesto idrogeologico, per cui qualsiasi elemento naturale - che può essere una pioggia forte, o una nuova scossa di terremoto, o anche movimenti dei fronti delle montagne - fa sì che ci si trovi perennemente in emergenza. Per cui le case crollano, le popolazioni devono cambiare zona di residenza e, soprattutto, si assiste ad una mancanza piuttosto accentuata di interesse per ciò che attiene alla prevenzione di queste continue emergenze ad Haiti.

D. - Le autorità che cosa fanno e che cosa fanno anche le presenze internazionali?

R. – Purtroppo si registra uno Stato che, non posso dire sia del tutto assente, ma senz’altro, è uno Stato molto debole. La storia di Haiti, con tutta una serie di colpi di Stato e di ministri che durano il lasso di una stagione, ha portato a far sì che la comunità internazionale abbia supplito molto spesso nella pianificazione degli interventi e abbia deciso chi, come e dove eseguire gli interventi, senza che ci sia stata una regia. Per cui, c’è effettivamente una sorta di distribuzione a pioggia degli aiuti ma che assolutamente non aiuta il Paese a cambiare marcia e a cambiare registro.

D. - Quindi manca un coordinamento?

R . – Assolutamente sì.

D. - E forse manca un intervento più decisivo ad eliminare le cause di tanta distruzione?

R. - La causa che forse sarebbe da affrontare con maggiore energia riguarda le zone rurali, dove purtroppo, oltre al dissesto idrogeologico, si registra una mancanza di strade ed una mancanza di possibilità per le famiglie di avere servizi e scuole. Per cui la gente è portata ad inurbarsi - ormai l’area urbana di Port-au-Prince raccoglie il 33 per cento della popolazione haitiana - e questo fa sì che si concentrino aiuti nella città di Port-au-Prince ma nello stesso tempo non viene affrontato il nodo della povertà rurale, che è quella che poi genere un ulteriore impoverimento e pressione delle bande criminali sulla capitale.

D. - Per quanto riguarda la diffusione del colera?

R. – Purtroppo il colera è tutt’altro che un’emergenza, è una pandemia che è destinata a rimanere nel Paese fino a che non verranno affrontati le cause a monte. Per quanto attiene all’area urbana di Port-au-Prince, abbiamo “slum” che riuniscono mezzo milione persone che sono senza latrine. Questo è un caso che abbiamo seguito molto bene, la famosa municipalità Cité Soleil, che viene molto spesso tirata in ballo, perché è un coacervo di malessere, di criminalità e di povertà. In questa comunità ci sono 200 blocchi di latrine comunitarie che non funzionano. Contrastare il colera senza poi dare alla gente la possibilità di gestire il ciclo delle acque reflue e il ciclo dei rifiuti umani porta a non risolvere il problema sul lungo periodo. Per cui ci si limita molto spesso, con tanto coraggio, con tanto buon cuore, a fare interventi sanitari di aiuto alle popolazioni, ma non si affronta la prevenzione che è quello che dovrebbe portare poi il Paese a liberarsi di questo tipo di malattia.

Ultimo aggiornamento: 23 novembre 2012







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