Apostolato del Mare: cappellani in missione in un mondo spesso dimenticato
Ultima giornata oggi del XXIII Congresso mondiale dell’Apostolato del Mare iniziato
in Vaticano lunedì scorso. Durante i lavori si è parlato molto della difficile situazione
dei pescatori: sono oltre 36 milioni le persone che lavorano nella pesca, uno dei
settori ai vertici delle statistiche di mortalità. Sulla peculiare missione dei cappellani
delle famiglie di pescatori, si sofferma al microfono di Amedeo Lomonaco,don
Giacomo Martino, consultore del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti
e gli Itineranti:
R. - E’ una
vita è molto dura: non c’è un giorno di riposo, si lavora continuamente, a ritmo serrato
e questo anche nei Mari del Nord, dove la temperatura e il clima non favoriscono un
momento di riposo, qualora ci fosse.
D. - Quindi un ruolo, quello del cappellano,
che va anche oltre la dimensione spirituale. E' anche un compagno, un amico, un confidente…
R.
- Indubbiamente, il cappellano deve tentare di creare un ponte fra il mare e la terra,
cercando di dare almeno la certezza a queste persone, a questi pescatori, che hanno
nel settore della pesca uno dei rischi più alti, sia di incidenti sia di mortalità,
che c’è qualcuno che si interessa della propria famiglia, quindi una famiglia a cui
tornare, e una chiesa che, nonostante le distanze, sanno che li ama.
D. -
Al centro dei lavori del convegno anche la Convenzione dell’Organizzazione internazionale
del lavoro (Ilo) - la numero 188...
R. - Pensare che non sia stata ancora ratificata,
quindi accettata dagli Stati appartenenti dell’Ilo, ci fa capire quanto sia ancora
indietro il settore della giustizia. Questa Convenzione parla di minimi storici che
ancora non sono stati accettati dai Paesi che riguardano circa 36 milioni di pescatori
nel mondo. E' strano che queste cose - cominciando dall’assistenza sanitaria, un minimo
di ore di riposo, al salario minimo, che è oltretutto assolutamente insufficiente
per chi vive, ad esempio, in Europa - il mondo ancora non le abbia accettate. Si deve
continuare ancora a spingere affinché vengano ratificate e rese legge universale.
D. - Un luogo, il mare, che presenta molte criticità, ma forse anche un luogo
privilegiato nel rapporto con Dio…
R. - Chi vive questa dimensione del silenzio,
dell’’immensità del mare ed anche della sua criticità, sente tutta l’umiltà: la nostra
condizione di piccoli esserini, che non sono nelle mani di una natura cattiva
o di un destino perverso, ma che sono nelle mani di un Dio che continua a volergli
bene.
D. - Un ruolo, quello dei cappellani, che porta il cappellano a dare
molto ai pescatori, ma anche - penso - altrettanto a ricevere…
R. - Da 23 anni
sono nel mondo del mare e il mare mi ha dato tutto. Il mare mi ha dato questa conoscenza
di una realtà di persone, che sanno che cos’è la vera tolleranza e che riescono veramente
a comprendere gli altri. E’ un mondo che mi ha insegnato a capire che ciò che è diverso,
è meravigliosamente diverso e quindi non mi fa paura; un mondo, forse, in cui le persone
sono anche molto dirette, ma sono assolutamente senza alcuna maschera. E’ un mondo
che io continuo ad amare e che spero di continuare a vivere in un modo o nell’altro.
“Gesù
in persona si accostò e si mise a camminare con loro”. Questo il tema dell’intervento
di padre Emmanuele Iovanella, cappellano a bordo di navi da crociera, che al
microfono di Amedeo Lomonaco ricorda la specificità di questa missione:
R. - Siamo a
nome della Chiesa sulle navi. Lo specifico è di condividere la vita dei marittimi
a bordo. Condividiamo non solo il tempo, lo spazio, ma anche il lavoro con questa
gente. Ovviamente si tratta di comunità multietniche, perché su una nave da crociera
di 4 mila passeggeri più mille di equipaggio si compone addirittura, per quanto riguarda
l'equipaggio, di 35 comunità, rappresentanti di 35 Paesi del mondo. La Chiesa si rende
presente in questo luogo, perché la nave possa diventare - ed è - tempo, luogo e spazio
teologale dell’incontro con Dio.
D. - Dunque un tempo, un luogo e una missione
segnati dalla condivisione, anche per colmare certe distanze che scandiscono la vita
dei marittimi…
R. - Vorrei presentare un’immagine evangelica, quella dell’apparizione
di Gesù ad Emmaus. L’evangelista sottolinea: “si accostò a loro, camminava con loro”
e, forse, questa frase può dire tutto il significato e il senso della presenza dei
cappellani a bordo. Questo Gesù che, attraverso i cappellani, si accosta ad ogni uomo
- in questo caso ai marittimi - per camminare con loro e ovviamente per navigare con
loro. Il Servo di Dio, don Tonino Bello, in un suo libro, dice: la barca non può rimanere
ormeggiata e trastullarsi, perché così non vive l’ebbrezza dell’Oceano; occorre che
la nave si sganci e parta, quell’andare di Abramo ‘lascia la tua terra e va, dove
io ti indicherò’. Ecco, la Chiesa è Chiesa quando si rende prossima agli altri.