Giornata per le claustrali. Il Papa: sostenere i monasteri, la loro preghiera aiuta
il mondo
Ieri, memoria liturgica della Presentazione della Beata Vergine Maria al Tempio, è
stata celebrata la Giornata per le Claustrali. Il Papa, al termine dell’udienza generale,
ha espresso la sua vicinanza e di tutta la comunità ecclesiale alle sorelle chiamate
dal Signore alla vita contemplativa. Ha quindi rinnovato l’invito a tutti i cristiani
“affinché non facciano mancare ai monasteri di clausura il necessario sostegno spirituale
e materiale. Tanto dobbiamo – ha sottolineato - a queste persone che si consacrano
interamente alla preghiera per la Chiesa e per il mondo!”. A Roma, ieri mattina, nella
Basilica di Santa Cecilia, il cardinale Joao Braz de Aviz, prefetto della Congregazione
per la Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, ha presieduto nell’occasione
una solenne celebrazione eucaristica. Nei giorni scorsi la Basilica ha ospitato degli
incontri sul tema “… in memoria del Concilio Vaticano II. Speranza per il futuro…”.
Tiziana Campisi ha chiesto alla badessa del monastero benedettino di Santa
Cecilia, madre Maria Giovanna Valenziano, in che modo oggi i laici possono
guardare quanti vivono nei monasteri come speranza per il futuro:
R. - Nella
misura in cui viviamo la speranza nei monasteri. Abbiamo anche una parola chiave nella
prima Lettera di Pietro: “Adorate il Signore Cristo nei vostri cuori, pronti sempre
a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi”. E penso che
il mondo di oggi ci domanda ragione della speranza che è in noi più che mai, dati
i travagli, i problemi, la disperazione crescente. Quindi la nostra vita claustrale
deve testimoniare ad ogni uomo afflitto ed angustiato, che - ad esempio - è possibile
sopportare con somma pazienza le infermità fisiche e morali dei fratelli. Penso che
il compito delle comunità monastiche sia anche quello di indicare all’uomo moderno
nuove possibilità, nuovi modi e ritmi di vita.
D. - Quali sono queste modalità
che possono essere suggerite ai laici?
R. - Le modalità dell’accoglienza, dell’ascolto
reciproco e della Parola. Noi nella nostra comunità viviamo un’esperienza di comunità
internazionale, i cui membri provengono da quattro continenti. Siamo quindi diversi
per età, cultura e lingue, però riusciamo a vivere insieme come una grande famiglia,
accettandoci così come siamo e sforzandoci di crescere insieme nell’accoglienza. Quindi
vogliamo dire questo: è un’esperienza arricchente ed estremamente educativa - certo
è anche faticosa - in quanto si impara a mettere insieme i doni che ognuno ha, ed
anche ciò che si è, perché ne scaturisca un’armonia sempre maggiore.
D. - In
che modo la vostra vita incontra quella della gente comune?
R. - Diciamo che,
anche se in un modo particolare, noi siamo in ascolto del mondo. Non dobbiamo mai
dimenticarci che la nostra preghiera - che è l’essenza della nostra vita - deve essere
interprete del sacrificio, delle sofferenze fisiche e morali, delle fatiche, delle
speranze dell’umanità che unita al sacrificio di Cristo offriamo con Lui, per Lui
e al Padre. Poi ogni monastero deve offrire a chiunque bussi alla porta una parola
di salvezza, un augurio di pace e di gioia che al giorno d’oggi è tanto necessario.
Chiunque deve poter trovare nel monastero una persona disponibile all’ascolto, capace
di accogliere il suo bagaglio di sofferenza, di incomprensioni, di delusioni, anche
di gioie...
D. - Oggi, come monaca di clausura, cosa vorrebbe dire in particolare
alla collettività cristiana?
R. - Vorrei invitare ad avere speranza e ad essere
testimoni di speranza. “L’amore di Cristo ci spinge”, diceva San Paolo ai Corinzi:
questa è una Parola che dobbiamo sentire attualissima. Ad un mondo travagliato, lacerato,
deluso che pare tendere all’autodistruzione, noi dobbiamo dire, gridare con convinzione
che oggi Dio è presente, e la sua presenza è presenza che vuole salvi tutti.