2012-11-20 14:09:35

Israele: nessuna operazione di terra a Gaza. Diplomazia al lavoro per risolvere la crisi


Ancora raid israeliani sulla Striscia di Gaza e lanci di razzi verso Israele. Il bilancio di oggi è di almeno quattro palestinesi uccisi. Mentre la diplomazia internazionale è al lavoro per cercare una tregua, Israele ha congelato l’ipotesi di un’invasione di terra. Benedetta Capelli:RealAudioMP3

Prosegue il botta e risposta tra la Striscia di Gaza ed Israele. Si è sfiorata una strage a Beer Sheva, nel Neghev, dove un missile palestinese ha centrato un autobus, poco prima i passeggeri erano fuggiti dal mezzo. Caduto un razzo alla periferia di Gerusalemme, dove sono risuonate le sirene d'allarme, bersagliata pure la città di Ashqelon, mentre oltre un milione di persone nel sud di Israele restano in prossimità dei rifugi. A Gaza, la situazione è drammatica – ha detto il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon – gli ospedali sono pieni e le scuole chiuse. Israele ha annunciato di non voler compiere operazioni di terra, ma se continuerà il lancio di razzi nel suo territorio “allora – ha riferito un alto dirigente – saremo costretti a farlo”. Tel Aviv sta vagliando la proposta di tregua egiziana. Intanto, però, uno dei capi di Hamas ha usato toni minacciosi: “Il nemico pagherà caro”. Parole pesanti pure dal premier turco, Erdogan, che ha accusato Israele di “pulizia etnica” nella Striscia di Gaza. Incessante l’attività diplomatica: dopo lo stallo del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, Ban Ki-moon ha iniziato un tour nella regione. A Gaza è in visita anche una delegazione dei ministri degli Esteri della Lega Araba, mentre in serata è previsto l'arrivo a Gerusalemme del segretario di Stato americano, Hillary Clinton. Successivamente, la Clinton andrà nei Territori palestinesi e in Egitto. Infine, Amnesty International ha chiesto l’embargo internazionale sulle armi e l’immediato dispiegamento di osservatori internazionali di fronte all’escalation di violenze.

Barack Obama ha dunque inviato il segretario di Stato, Hillary Clinton, in Israele e nei Territori palestinesi per cercare di fermare la violenza. Qual è il peso degli Stati Uniti, oggi, in una crisi che rischia loro di esplodere tra le mani? Salvatore Sabatino lo ha chiesto all’analista internazionale Stefano Torelli:RealAudioMP3

R. - Lo stesso presidente Obama ha lanciato un messaggio che, a mio avviso, sembra essere abbastanza esplicativo di quella che è l’azione statunitense nell’area: nel momento in cui Israele ha dichiarato che, almeno per il momento, non avrebbe più intenzione di muovere anche le truppe sin dentro la Striscia di Gaza e contestualmente il segretario di Stato, Hillary Clinton, viene inviato nell’area, Obama ha rilasciato una dichiarazione dicendo che questa decisione di Netanyahu di non portare le truppe dentro Gaza non è stata una decisione assunta a seguito di una richiesta degli Stati Uniti, in quanto gli Stati Uniti non hanno alcun tipo di influenza su quelle che sono le decisioni strategiche israeliane. Quindi, è evidente, già da qualche anno, questa tendenza di Israele ad agire sostanzialmente senza neanche più consultare Washington, spesso anche in maniera - diciamo - contraria a quelli che sono gli auspici di Washington.

D. - Dal canto loro, le Nazioni Unite sono paralizzate sul classico gioco di veti incrociati: così com’è successo per la Siria, anche per Gaza possiamo prevedere un’impasse?

R. - Direi di sì. Le Nazioni Unite, soprattutto nel teatro mediorientale, risultano abbastanza immobilizzate da questa situazione, che si basa sui vari veti incrociati, per cui - come ha giustamente sottolineato - in Siria stiamo assistendo a uno stallo vero e proprio dell’azione diplomatica delle Nazioni Unite, per effetto di un veto di Russia e di Cina soprattutto. Dall’altra parte, ogni volta che le Nazioni Unite hanno cercato - negli ultimi decenni - di promuovere azioni anche soltanto semplicemente di condanna allo Stato di Israele, vi è sempre stata l’opposizione abbastanza forte e significativa degli Stati Uniti, che pur avendo una politica in questo contingente che non va proprio d’accordo con il governo israeliano, a livello poi più strutturale continuano a manifestare la propria vicinanza politica e la propria solidarietà allo Stato ebraico.

D. - Dall’altra parte, c’è la Lega Araba che continua, invece, ad assumere un ruolo sempre più importante…

R. - Sì, la Lega Araba sembra stia godendo di una rinnovata se non credibilità, almeno spinta propulsiva, proattiva dal punto di vista dell’’azione diplomatica. Le ha giovato la posizione che lo stesso Egitto ha assunto nell’area, come nuova forza potenzialmente in grado di arrivare ad una mediazione soprattutto con la parte palestinese, cosa che invece con il governo Mubarak non era stata possibile; sicuramente il Cairo offre uno spiraglio e una possibilità in più per tutta la Lega Araba di poter agire come nuovo attore di mediazione.







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