2012-11-20 16:35:02

Educare all'incontro: una sfida che investe la Chiesa. Se ne parla ad un Convegno di Migrantes


“Educare all’incontro” per “non cedere alla sfiducia e alla paura”. E’ la sollecitazione che emerge dai tanti interventi al Convegno nazionale della Fondazione Migrantes in corso a Roma e promosso nel suo 25° anniversario. “La Chiesa è il cuore di Gesù nel mondo, è le sue braccia”, ha detto ieri sera il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, nella Messa celebrata per i partecipanti. “Essa, ha continuato, è chiamata ad essere casa accogliente, a generare il calore della famiglia, quella dei figli di Dio”. La migrazione è sentita da molti come una minaccia, aveva affermato mons. Paolo Schiavon, presidente della Migrantes, aprendo i lavori, ma è un'occasione provvidenziale di promozione umana ed è “una questione morale che occupa e preoccupa la Chiesa”. Adriana Masotti ne ha parlato con mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione:RealAudioMP3

R. – Preoccupa la Chiesa perché è una sfida educativa, la sfida appunto dell’incontro con persone di 198 nazionalità diverse. E’ una sfida non facile ed è una sfida morale, perché significa mettere a confronto anche stili di vita e quindi ripensare la nostra vita a partire da altre esperienze: esperienze culturali, esperienze religiose ecc… In questo senso allora l’immigrazione diventa una questione non solo nazionale, ma anche una questione della Chiesa italiana.

D. – Il Papa nel messaggio per la prossima Giornata mondiale del migrante dice che la pastorale migratoria della Chiesa non è mero assistenzialismo, ma è promuovere soprattutto l’autentica integrazione. Voi con il vostro lavoro, in questi 25 anni, è questo che cercate di fare?

R. – Certamente. La caratteristica di Migrantes è proprio un’azione pastorale centrata sull’incontro tra persone, sulla capacità di un’accoglienza che parte dal valore della persona. Tante volte noi li vediamo come i poveri, li vediamo come i criminali e in questa maniera falsiamo la realtà e l’identità di un immigrato, che invece prima di tutto è una persona, una famiglia di lavoratori. E’ da tutto questo che invece noi partiamo per costruire integrazione, per costruire una relazione nuova dentro le nostre città e dentro le nostre comunità.

D. – Questa disposizione, quest’apertura della mente, non solo del cuore, quanto è diffusa nella comunità ecclesiale?

R. – Io credo che ci siano bellissime esperienze nelle nostre diocesi che lavorano in questa direzione e che stanno trasformando le nostre comunità proprio in laboratori in cui costruire integrazione. Anche nelle nostre comunità tante volte si respira aria di diffidenza e di paura. I vescovi italiani ricordano il tema della paura come uno degli aspetti su cui effettivamente occorre lavorare per costruire una Chiesa differente e capace di incontri. E’ un lavoro culturale, oltre che pastorale, importante, cui dobbiamo abituarci nelle nostre comunità.

D. – Ricordando che il tema del vostro convegno è “La salvezza è sempre altrove. Educare all’incontro”, mons Crociata, ha dato alcune indicazioni di percorsi educativi. Che cosa pensa di questo? E’ vero che ci vuole anche una “strategia”, per questa educazione?

R. – Certamente, i percorsi pastorali che mons. Crociata ha indicato vanno proprio nella direzione di ripensare la pastorale, a partire dall’incontro e dalla valorizzazione degli altri, dove negli altri oggi ci sono soprattutto persone che provengono da altri Paesi. In questo incontro con gli altri, dobbiamo riuscire a riconoscere un’identità differente, riconoscere la capacità di un nuovo dialogo ecumenico, interreligioso, la capacità di esperienze di inclusione, dentro le nostre realtà pastorali, di persone che arrivano con una ricchezza culturale e religiosa. Quindi, l’apertura dei Consigli pastorali, dell’associazionismo, dei movimenti a queste esperienze degli immigrati, facendoli diventare un valore aggiunto da accompagnare gradualmente perché siano protagonisti nel cammino delle nostre Chiese.

D. – La Fondazione Migrantes compie 25 anni. Ci può tracciare un breve bilancio? So poi che, in questi giorni, presenterete anche un nuovo statuto...

R. – Sì, sono stati 25 anni in cui sostanzialmente Migrantes ha accompagnato questa storia dell’immigrazione in Italia e l’accoglienza di percorsi pastorali nel mondo dello spettacolo viaggiante - i circensi, i fieranti, il mondo dei rom e dei sinti - quindi l’attenzione alle minoranze. Credo che questa storia di 25 anni abbia reso anche più belle le nostre chiese, perché le hanno aperte all’accoglienza, e il futuro riparte da questa parola.


Ultimo aggiornamento: 22 novembre







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