Cinema. Presentato il Tertio Millennio Film Fest: "Tra cielo e terra"
E’ stato presentato a Roma, presso il Pontificio Consiglio della Cultura, il XVI Tertio
Millennio Film Fest, cui partecipa anche il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni
Sociali, manifestazione cinematografica che si svolgerà presso il Cinema Trevi di
Roma dal 4 al 9 dicembre. Tema della nuova edizione: “Tra cielo e terra. Il paradosso
della realtà: storie di ordinaria grandezza nel cinema contemporaneo”. Il servizio
di Luca Pellegrini:
Fedele allo
spirito che lo ha accompagnato nei suoi sedici anni di vita, il Tertio Millennio Film
Fest propone ancora una volta, nella sua originale articolazione, una riflessione
sui problemi e gli avvenimenti del mondo contemporaneo e una serie di domande che
il pubblico non può più permettersi di eludere. Quest’anno l’attenzione è rivolta
soprattutto a quello giovane, rappresentato dal Premio Rivelazione dell’anno, consegnato
a Tea Falco, intensa interprete dell’ultimo film di Bernardo Bertolucci, Io e Te,
dal vescovo Carlos Azevedo, delegato ai Beni culturali del dicastero, il quale
ha ribadito come proprio il cinema è capace di consegnare loro una riflessione profonda
sull’esistenza:
R. - Il cinema riesce ad avere un linguaggio più universale
per lo stile narrativo, lo stile simbolico che riesce a comunicare molto più facilmente
che altri linguaggi e per questo, quando il cinema passa valori attraverso la storia
e fa domande sulle questioni più importanti della vita, aiuta i giovani ad interrogarsi
e a porsi domande essenziali. D’altra parte si possono anche rivedere, in questo tema
dell’io e del tu, nei loro problemi e fare una riflessione più profonda sul
loro futuro e sul loro destino.
D. - Secondo lei, il giovane considera il cinema
soltanto come uno strumento di evasione o, in base alle scelte, riesce anche a coglierne
gli aspetti più profondi per riflettere sul presente e il futuro?
R. - Penso
che, per quello che conosco, molti giovani hanno una capacità critica e di riflettere
che noi molte volte non pensiamo perché li riteniamo superficiali … invece oggi comincia
ad esserci una generazione di giovani che di fronte alle difficoltà del lavoro, ai
problemi della vita riflettono sul futuro e diventano critici nei confronti della
politica.
Mons. Dario Edoardo Viganò, presidente della Fondazione Ente
dello Spettacolo che organizza il festival, ha scelto un tema efficace per esprimere
le inquietudini del nostro tempo.
D. - Che cosa scopre il cinema in quello
spazio di mezzo che esiste tra il cielo e la terra?
R. - Scopre la natura:
cioè, il filo rosso che ci ha condotto nella scelta dei film di quest’anno, di questa
sedicesima edizione, è proprio quello di vedere come il mondo non è semplicemente
la duplicazione simulacrale di se stesso, la derealizzazione, il cyber-capitalismo,
ma presenta con forza un fascino che è un fascino anche terribile e temibile insieme
della natura. La natura è magmatica, inquieta, a volte accogliente, a volte respingente;
abbiamo quindi dei film che riflettono esattamente il cammino di alcuni giovani che
ad esempio si disperdono in un bosco, e quindi c’è un rito di passaggio all’età adulta
e questo rito è appunto faticoso, problematico, pauroso ma insieme segna un passaggio,
segna una conquista; poi ci sono altri film dove abbiamo gli incubi e le inquietudini
di visioni apocalittiche, che non sono semplicemente segni di follia di un individuo
ma a volte anche reale percezione di dove sta andando il mondo. Quindi la natura,
la natura magmatica, inquieta, diventa la metafora della comprensione dell’esistenza.
D. - Dire cielo e terra significa anche dire fede e uomo …
R. - Sì,
perché la natura è quella natura nella quale io trovo nostalgia e fascino e insieme
però non ne comprendo le ragioni e le logiche fino in fondo; ed è proprio per questo
che sono chiamato a un atto di fede e di fiducia: in chi? In Colui che ha generato
l’ordine creativo dell’universo. In questo senso è un po’ come l’esperienza di Teresa
di Lisieux che è assolutamente affascinata da una vicenda che è quella della terra,
vivendola però in maniera esodica, come l’ha vissuta Gesù: cioè da esiliata sulla
terra. Perché? Perché guarda con nostalgia il cielo, come al uogo dell’armonia generatrice
di ogni cosa.