Cuba: ai colloqui di pace con il governo colombiano le Farc annunciano due mesi di
tregua
In un clima di “ermetismo e discrezione”, almeno così lo descrive il quotidiano di
Bogotá ‘El Tiempo’, le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) hanno annunciato
ieri una tregua di due mesi, da oggi al prossimo 20 gennaio. Lo hanno fatto dall’Avana
prima dell’inizio del primo incontro tra negoziatori del governo e della guerriglia
della cosiddetta ‘fase due’ del processo di pace; la prima fase è stata definita quella
che, dopo contatti segreti prolungatisi per sei mesi, ha portato lo scorso agosto
all’annuncio formale del negoziato volto a porre fine a mezzo secolo di guerra. L’annuncio
delle Farc giunge dopo le reiterate richieste avanzate dallo stesso gruppo armato
al governo del presidente Juan Manuel Santos affinché fosse decretato un cessate-il-fuoco
durante i colloqui. Tra l'altro Cuba, insieme al Venezuela, ha deciso di assumere
un ruolo importante nel processo di pace. Lucia Fiore ha chiesto un'opinione
ad Andrea Amato, esperto di questioni latinoamericane, sulle effettive possibilità
di riuscita del confronto a L'Avana:
R. – Sicuramente,
Cuba ne gioverebbe perché è stata parte in causa di questa possibile pace e quindi
avrebbe nuovi alleati. Mentre, invece, il Venezuela con Chavez sicuramente ne verrebbe
indebolito: Chavez infattio è stato da sempre uno dei primi sostenitori delle Farc
e un avversario, non solo politico, del governo colombiano. Quindi, le due posizioni
sono distinte. Chi sicuramente andrebbe a perderci sarebbero dunque Chavez e il Venezuela.
D.
– Alla luce dei negoziati avviati ad Oslo, cosa c’è da attendersi concretamente?
R.
– Il trattato di pace sembrerebbe molto ben avviato. C’è da dire, però, che le Farc,
in modo tattico, chiedono di intervenire all’interno delle scelte politiche del presidente
Santos e quindi della politica colombiana, che invece tiene le Farc assolutamente
fuori da queste decisioni. Recentemente, il presidente ha dichiarato che si sta discutendo
di un trattato di pace sul disarmo dei guerriglieri. Non si parla dunque di politica
estera, nè di politica economica e di trattati internazionali con alleati economici
per la Colombia: quello è un discorso che riguarda esclusivamente il governo colombiano.
Santos, rivolgendosi alle Farc, ha detto: “Il giorno dopo che avrete abbandonato le
armi, potrete partecipare al dibattito politico e democratico di questo Paese. Fino
ad allora, non accoglieremo le vostre tesi sulla gestione dello Stato”.
D.
– Quali i punti che dividono o avvicinano il governo e le Farc?
R. – In realtà,
il punto principale che divide è interno alle Farc. Sostanzialmente, le Farc sono
nate negli anni '60 da un gruppo di campesinos marxisti, che in seguito hanno
sviluppato confuse teorie marxiste-maoiste e bolivariane. Ma in realtà, non hanno
un progetto politico democratico, non sono un partito con un’idea democratica e politica
ben precisa. Il loro collante è sempre stata la guerriglia e questo un po’ preoccupa.
Infatti, difficilmente entrando in un processo democratico e politico riuscirebbero
ad avere un’influenza in caso di eventuali elezioni. Questo è ciò che più spaventa
le Farc: potrebbero sparire dallo scenario colombiano.