2012-11-18 11:32:52

L'Apostolato del mare a congresso. Card. Vegliò: molto da fare per tutelare chi lavora in nave


“La nuova evangelizzazione nel mondo marittimo” è il tema del 23.mo Congresso mondiale dell’Apostolato del Mare, in programma in Vaticano, nell’Aula del Sinodo, da oggi fino al 23 novembre. Obiettivo principale dell’incontro, organizzato dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, è individuare nuovi modi per comunicare il Vangelo nel mondo del mare e quindi nell’ambiente dei marittimi, dei pescatori, e delle rispettive famiglie. Fabio Colagrande ne ha parlato con il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del dicastero che organizza il Congresso:RealAudioMP3

R. - Negli ultimi anni, si sono registrati profondi cambiamenti nel mondo marittimo che hanno condizionato anche la vita spirituale di quanti vi lavorano e delle loro famiglie. Per rilanciare la nuova evangelizzazione, attingeremo innanzitutto dai risultati del 13.mo Sinodo dei Vescovi da poco conclusosi, e al quale io stesso ho partecipato, potendo così toccare con mano la necessità di rinvigorire le forze, tornare alla fonte della nostra fede, per proporre il mistero cristiano con efficacia e rispondere alle esigenze del nostro tempo. Questo Congresso dell'Apostolato del Mare si svolge nell'Anno della Fede appena inaugurato, e questo ci spinge ad impegnarci ancor più per cercare “risposte pastorali adeguate ai problemi della gente di mare” e portare la Buona Novella nei porti e a bordo di tutte le navi che ancorano nei diversi scali del mondo, proprio come ci aveva invitato a fare il Santo Padre nell'Udienza concessa nel febbraio scorso ai Coordinatori regionali dell'Apostolato del mare. Si dovrà, inoltre, tener conto che, nonostante il maggior numero di marittimi provenga ancora dalle Filippine, la nuova realtà è rappresentata dai circa 200 mila marittimi originari della Russia e dell'Ucraina che, da sola, ne fornisce oltre 80 mila. Tale situazione ci impone di prestare particolare attenzione a questo grande numero di lavoratori del mare, appartenenti ai riti orientali della Chiesa cattolica e ai cristiani ortodossi o di altra denominazione. Naturalmente, non dobbiamo dimenticare l’assistenza ai marittimi che fanno scalo anche nei porti dei Paesi musulmani.

D. - Quali sono gli aspetti più critici che oggi minacciano la vita della gente di mare?

R. - Oggi, anche la gente di mare subisce le pressioni di un mondo globalizzato, fortemente toccato della crisi economica mondiale. Fra gli aspetti più critici con i quali essi devono confrontarsi, vi sono le difficoltà a sbarcare nei porti a motivo delle soste sempre più brevi e dell'ubicazione dei nuovi porti lontano dalle città. Le necessarie leggi antiterrorismo rischiano di obbligare i marittimi a rimanere a bordo concedendo permessi di sbarco sempre più limitati e a volte assenti. La nave, inoltre, può essere un luogo d’isolamento e solitudine, in quanto è stato ridotto il numero dei componenti degli equipaggi e le diverse nazionalità e lingue non agevolano le relazioni. I lunghi mesi in mare fanno sentire molto ai marittimi la lontananza dalla famiglia, dagli affetti, dagli amici e dalla loro comunità ecclesiale. Questo è in assoluto il maggior peso che essi avvertono. Un problema relativamente nuovo è quello della criminalizzazione dei marittimi. Il comandante ed il suo equipaggio, a causa di una ormai antica legislazione internazionale della navigazione, sono considerati spesso gli unici responsabili anche di fronte a facili scelte economiche dell’armatore. Sono sempre più frequenti gli episodi di abbandono delle navi con interi equipaggi a bordo. Spesso, infatti, di fronte alle richieste di creditori o della Guardia Costiera di riparare una nave per renderla sicura l'armatore, per non affrontare le forti spese, preferisce abbandonarla assieme all’equipaggio, che viene a trovarsi in porti stranieri senza cibo e senza risorse. In questo momento, a titolo di esempio, vorrei segnalare la nave da carico italiana “Gina Iuliano”, che dal 5 giugno scorso è stata bloccata nel porto indiano di Vizag dai creditori della compagnia armatrice fallita. Con orgoglio posso dire che i Centri dell'Apostolato del Mare (Am), disseminati nei porti di tutto il mondo e denominati “Stella Maris”, accolgono i marittimi nei porti, e particolarmente questi più bisognosi, fornendo ogni cosa necessaria: dal cibo all’acqua per bere e lavarsi, ma anche dando il contatto con i sindacati a terra o la possibilità di chiamare casa. I centri dell'Am sono chiamati, dai marittimi, la loro “casa lontano da casa”, e oltre alle cose materiali forniscono davvero un ambiente familiare e tutto il supporto anche psicologico e religioso nel rispetto di tutti e senza fare differenza tra le persone.

D. - Quali miglioramenti concreti porterà la nuova Convenzione IL0 (International Labour Organization) sul lavoro marittimo, in vigore dal prossimo agosto?

R. - La Convenzione sul Lavoro Marittimo (o Mlc 2006) è uno strumento legislativo internazionale, volto a migliorare le condizioni di lavoro e di vita dei marittimi del mondo. La Mlc 2006, finalmente ratificata da oltre 30 Stati che rappresentano il 60% del trasporto marittimo mondiale, entrerà in vigore il 20 agosto 2013. Sarà un vero e proprio codice internazionale sul benessere nel lavoro marittimo. La Convenzione tratta di temi ormai ovvi ai molti ma non a tutti, come stabilire l'età minima dei marittimi, i limiti delle ore di lavoro e le necessarie ore di riposo, il controllo medico costante insieme all’attenzione per una alimentazione sempre più “multietnica” o garantire un minimo di assistenza sociale e sanitaria. Questa convenzione include specifiche disposizioni atte a "garantire che i marittimi in servizio a bordo di una nave abbiano accesso a strutture e servizi a terra per salvaguardare il loro stato di salute e benessere". Ciò è importante perché sottolinea come non sia solo l’armatore a dover provvedere a un “ambiente lavorativo sereno e giusto”, ma anche i porti devono offrire quelle “strutture di welfare” necessarie a garantire i servizi sociali, della salute, dello sport, oltre che di comunicazione con casa e di attenzione alla persona. Si tratta di servizi che i Centri Stella Maris svolgono da oltre 100 anni in modo volontario ma che, presto, le autorità portuali - secondo la Convenzione (art. 4.4.) - dovranno sostenere e mettere a punto insieme alle nostre organizzazioni sparse nei porti di tutto il mondo. Lo strumento giuridico della Convenzione internazionale della Mlc avrà valore di legge per tutti gli Stati che appartengono all’Ilo (l'Organizzazione Internazionale del Lavoro - ndr) e che rasentano la totalità dei Paesi che trasportano merci e passeggeri nel mondo intero. Sarà necessaria la collaborazione anche dell’Apostolato del Mare per vigilare affinché questo prezioso strumento venga applicato secondo lo spirito del legislatore per non lasciare più gli equipaggi abbandonati a se stessi e chiedendo - come dice la Convenzione - maggiore rigore agli armatori che, sino ad oggi, hanno voluto risparmiare sull’elemento umano. La Convenzione stabilisce tre livelli di responsabilità: dello Stato di bandiera (ossia della legislazione vigente a bordo della nave), dello Stato di approdo e del fornitore di manodopera. Le certificazioni sul lavoro marittimo e gli attestati di conformità previsti dalla Mlc verranno continuamente verificati in particolare dalla Guardia Costiera dei porti, per accertare che siano rispettate tutte le condizioni che garantiscano ai lavoratori del mare un “lavoro veramente dignitoso”.

D. - Come dicastero vaticano, auspicate anche che sia presto operativa la Convenzione sul lavoro dei pescatori. Perché è così importante?

R. - Vorrei innanzitutto dire che nel settore della pesca, pur non essendoci statistiche precise, si stima vi lavorino circa 36 milioni di pescatori, di cui ca. 15 milioni impiegati a bordo di pescherecci. Ogni anno, sono soggetti a infortuni il 10% dei pescatori in generale e il 15% di quelli su imbarcazioni per la pesca a strascico. Diverse organizzazioni internazionali considerano il lavoro nella pesca tra i più pericolosi al mondo, infatti la pesca è al vertice o quasi delle statistiche di mortalità. Durante il nostro Congresso, affronteremo l'argomento pescatori proprio nel giorno in cui ricorre “la Giornata della Pesca”, che si celebra nel mondo il 21 novembre. In alcuni Paesi, i pescatori e i marittimi sono governati dalle stesse leggi e regolamenti. In altri Paesi non è così. L’equivalente convenzione della Mlc 2006 per i marittimi è la Convenzione n. 188 sul Lavoro e il benessere nel settore della Pesca. Purtroppo, non siamo ancora giunti alle ratifiche necessarie affinché diventi operativa. La Convenzione richiede diversi diritti, come la possibilità di cure a terra per i pescatori ammalati o infortunati e intervalli di riposo per garantire salute e sicurezza sul lavoro. Prevede, tra l’altro, che grandi navi da pesca impegnate in lunghi viaggi possano essere soggette a ispezioni nei porti d’attracco all’estero, per assicurare che i pescatori a bordo non lavorino in condizioni nocive per la salute o pericolose per la sicurezza. I controlli sul naviglio consentirebbero di eliminare le barche inadatte a garantire la dignità del lavoro e le condizioni di vita sufficienti per i pescatori. Un'attenzione particolare è rivolta anche ai giovani, con leggi sull'età minima per il lavoro in mare, per proteggerli dai pericoli e tutelare la scolarizzazione. Il nostro Pontificio Consiglio auspica che tale Convenzione divenga quanto prima operativa.

D. - Tra i temi emergenti al Congresso ci sarà anche quello della pirateria marittima. Cosa può fare la pastorale in questo campo?

R. - La pirateria marittima, tristemente d'attualità, è un fenomeno crescente nelle acque del globo, che colpisce maggiormente nelle aree dell’Oceano Indiano e in quelle adiacenti il Corno d’Africa. Nel 2010, i marinai rapiti sono stati 1.181 e le navi sequestrate 53, delle quali ben 49 nelle acque al largo della Somalia. A tutt'oggi, sono trattenute dai pirati somali oltre una decina di navi e circa 200 membri di equipaggi di varie nazionalità. Complessivamente, si stima in miliardi e miliardi di dollari il danno che gli attacchi della pirateria fanno al sistema economico correlato con il trasporto delle merci via mare, la pesca e il libero utilizzo delle acque internazionali. Naturalmente, ciò che maggiormente preoccupa l'Apostolato del Mare è la vita dei marittimi e delle loro famiglie, messe a rischio dai pirati e provate da tensione e paura che perdurano anche a lungo termine. Si nota soprattutto un incremento della violenza nella gestione degli ostaggi, si prolungano i tempi di detenzione e la capacità dei sequestratori di resistere nella gestione complessiva delle trattative. Mentre nel 2009, si calcolava che sia gli ostaggi, che le navi sequestrate e i carichi rimanessero nelle mani dei pirati per una media di 45 giorni, oggi si è passati a circa 180 giorni di detenzione, con la prospettiva di un ulteriore aumento e della recrudescenza di violenze e abusi sull'equipaggio sequestrato. È necessario anzitutto che i marittimi, prima di attraversare quelle acque tanto pericolose, siano sufficientemente avvisati su quanto potrà accadere, sulle procedure messe in atto per tutelare loro e le loro famiglie. Mancano supporti di comunicazione e di vicinanza a quanti, a casa, attendono incerti il ritorno dei loro cari sequestrati. Non si pensa al supporto psicologico e morale lasciando troppo all’oscuro, per ragioni di sicurezza, i familiari sulla sorte degli equipaggi. Mancano garanzie di riconoscimento di malattia professionale per quanti, scioccati da tali episodi, volessero interrompere la propria attività sulle navi perdendo il lavoro e la professionalità maturata in anni di studi e navigazione. Il semplice ricorso alle armi per difendere con maggiore decisione le navi e gli equipaggi, di fronte a pirati senza scrupoli che non hanno nulla da perdere, non può essere una risposta esaustiva al tema della pirateria. In territori come la Somalia, dove la gente muore di fame e di sete, un dialogo possibile e certamente risolutivo potrebbe partire dagli Stati ricchi del mondo affinché si impegnino a sconfiggere la carestia restituendo una chance di vita alla popolazione e mostrando altre vie di sopravvivenza oltre a quella criminale della pirateria. Durante il nostro Congresso, un avvocato marittimo descriverà la sua lunga esperienza nel condurre negoziati con i pirati somali, che si sono risolti con il rilascio di decine di navi e dei loro equipaggi. Sarà importante anche la testimonianza del comandante della nave Savina Caylin, Giuseppe Lubrano, che per mesi ha subito il sequestro dei pirati, anche perché dirà qual è stato il ruolo della fede nel dargli forza fino al felice ritorno in libertà di tutti i membri del suo equipaggio.

Ultimo aggiornamento: 19 novembre







All the contents on this site are copyrighted ©.