Notte di violenze in Medio Oriente. Arrivato a Gaza il premier egiziano Kandil
E' muro contro muro tra Israele e il movimento fondamentalista palestinese di Hamas.
Per tutta la notte si sono susseguiti i raid delle forze ebraiche sulla Striscia di
Gaza, ai quali i miliziani hanno risposto con un fitto lancio di razzi, circa 400
caduti in territorio ebraico; ieri un paio hanno raggiunto anche Tel Aviv, gettando
nel panico la città. Oltre una ventina i morti tra le due parti. Mobilitate le diplomazie
internazionali per scongiurare l’apertura di un nuovo fronte bellico in Medio Oriente.
Arrivato a Gaza il premier egiziano Hisham Kandil, inviato dal presidente Morsi per
una mediazione diplomatica. Il servizio di Graziano Motta:
Le lancette
dell’orologio indietro di 21 anni: nel 1991, durante la Guerra del Golfo, i missili
di Saddam Hussein raggiungevano Tel Aviv, proprio come ieri i due lanciati da Gaza.
I fondamentalisti islamici di Hamas negli ultimi due-tre anni hanno infatti dotato
le loro milizie anche di missili sofisticati ricevuti dall’Iran. Ieri avevano colpito
la “Città degli Angeli” – questo il nome di Kiryat Malachi – distante 25 km, uccidendo
e ferendo i suoi abitanti. Alla luce di questi fatti si spiega la rappresaglia ebraica,
con i raid quasi ininterrotti di aerei e droni su Gaza, per distruggere l’apparato
bellico di Hamas, ma che pure hanno causato tante vittime civili, nonché il richiamo
di 30 mila riservisti e lo spiegamento di carri armati ai confini. Un precipitare
della situazione che ha indotto il presidente degli Stati Uniti, Obama, a sollecitare
un intervento – potrebbe essere una mediazione – di quello dell’Egitto, Mursi, che
ha ottimi rapporti con i leader di Gaza i quali hanno accolto oggi il suo inviato,
il primo ministro Kandil. Sono, infatti, tutti Fratelli musulmani. Quali sono i
rischi reali di questa nuova esplosione di violenza tra israeliani e palestinesi?
Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Eric Salerno, esperto di Medio Oriente:
R. – Il rischio
vero è che questa tensione possa estendersi anche alla Siria, perché è evidente che
una situazione di questo genere a Gaza, provocata in questo momento sia da Hamas,
ovviamente, ma anche da questa accelerazione da parte di Israele, rischia di dare
segnali ad Assad e alle persone che stanno dall’altra parte nel conflitto, per cercare
di provocare un intervento internazionale. A Israele non interessava un’accelerazione
di questo tipo, in questo momento, se non per motivi preelettorali, perché si vota
il 22 gennaio in Israele. Nethanyau può aver detto: “Mi serve una cosa di questo genere”.
Ma c’è anche un altro motivo da non sottovalutare, che è quello di colpire e distruggere
il più presto possibile l’arsenale missilistico di Hamas. Questo significa che Israele,
in qualche modo, si vuole preparare a un eventuale attacco contro l’Iran e potrebbe
scegliere un motivo qualsiasi per fare la stessa cosa con Hezbollah in Libano.
Sulle
violenze israelo-palestinesi ascoltiamo il commento di mons. William Shomali,
vescovo ausiliare del Patriarcato Latino di Gerusalemme, al microfono di Thomas
Chabolle: R. - Quello che
succede da qualche giorno è un circolo vizioso di violenza: uno tira, l’altro risponde,
senza misura, e si ci sono vittime da entrambe le parti. Specialmente a Gaza, perché
Gaza è una città sovrappopolata e là dove arrivano gli attacchi, ci sono innocenti
che muoiono. Siamo tristi per quello che accade e adesso possiamo solo accompagnarli
con la nostra preghiera, aspettando che le Nazioni Unite, e specialmente gli Stati
Uniti, intervengano con forza per impedire un’altra guerra.