Mons. Tomasi: inaccettabili violenze contro i civili nei conflitti
E’ inaccettabile che nei conflitti armati chi paga il prezzo più alto siano le popolazioni
civili e spesso i bambini: è quanto ha ribadito mons. Silvano Maria Tomasi,
osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio dell’Onu a Ginevra, nel suo
intervento durante un incontro promosso dalle Nazioni Unite sull’uso delle armi convenzionali.
Ascoltiamo mons. Tomasi al microfono di Francesca Sabatinelli:
R. - Il punto
su cui si cerca di porre l’accento è la protezione della popolazione civile, in modo
che non soffra due volte: prima a causa del conflitto e dopo a causa dei residui bellici
esplosivi, che continuano a far danno quando scoppiano. Ci troviamo di fronte ad una
situazione che richiede molta attenzione, soprattutto se si pensa che oggi la maggioranza
della popolazione del mondo vive in un contesto urbano e quindi la guerra portata
nelle città colpisce soprattutto le persone civili. Dobbiamo - e questo è l’appello
che ho fatto alla Comunità internazionale - trovare una strada per bloccare questo
tipo di danno che si fa alle persone civili.
D. - Mons. Tomasi, è stato ripetuto
più volte, negli ultimi anni, che in guerra non tutto è permesso e che il diritto
umanitario deve prevalere sugli obiettivi militari. Ma, noi a cosa assistiamo?
R.
- Se ci guardiamo attorno vediamo che questa discussione non è teorica. Pensiamo alle
città della Siria, che sono oggetto in questo momento di violenti conflitti e dove
chi paga il prezzo più alto non sono i militari, ma le famiglie, le donne, i bambini,
la società civile distrutta. E’ questa preoccupazione che deve entrare nel prossimo
passo dello sviluppo del diritto umanitario internazionale, in modo da trovare una
maniera efficace di proteggere questa gente che, altrimenti, rimane continuamente
esposta non solo al rischio di essere uccisa o ferita, ma che ha anche l’obbligo di
spostarsi forzatamente, di emigrare: bambini che vengono abbandonati e che si trovano
soli, in campi profughi o in qualche angolo della città.
D. - Ci sono delle
convenzioni internazionali che, però, dovrebbero regolare in qualche modo dei conflitti.
Ma che ne è di queste convenzioni?
R. - Purtroppo se ci guardiamo attorno,
ci rendiamo conto che non vengono rispettate. L’evidenza più grande è che le popolazioni
civili continuano a portare il peso più grosso, continuano a essere le vittime più
numerose: anche oggi e non solo negli ambienti urbani - come le città del Medio Oriente,
che sono sotto attacco da gruppi statali e non statali - i civili sono continuamente
colpiti e pagano il prezzo più alto.
D. - Il punto è che attaccare i civili
nei conflitti moderni rappresenta proprio il punto di forza…
R. - E’ vero!
Nella storia, quando si parla di guerre, si fa cenno a vincitori e vinti: i civili,
che rappresentano il numero più alto di vittime, sono dimenticati. Anche oggi, nei
combattimenti che vediamo! Per procedere e far avanzare un senso di umanità, bisogna
andare al di là delle formalità, degli accordi e dei trattati: si deve cioè creare
una cultura che rispecchi la dignità della persona umana e che faccia in modo che
la persona umana sia al centro dell’attenzione e non venga, invece, utilizzata come
mezzo per ottenere i propri fini di potere o politici. Alla radice di tutto c’è la
necessità di insistere, affinché si sviluppi un atteggiamento e una mentalità che
risolva il problema della violenza e del confronto armato attraverso un’accettazione
della dignità della persona e del rispetto di tutte le persone e che, quindi, prevenga
- attraverso il dialogo -qualsiasi forma di violenza irrazionale. In questo particolare
momento della storia vediamo come i conflitti continuano ad esplodere e impegnano
gruppi ufficiali di uno Stato; altre volte gruppi che si formano spontaneamente e
altre volte ancora si tratta, invece, di gruppi terroristici: le regole di un minimo
di umanità, e quindi l’applicazione del diritto umanitario internazionale, si deve
estendere anche a questi gruppi. Non si può giustificare in alcun modo la violenza
che viene perpetrata in maniera arbitraria, che non rispetta i civili. Questo mi pare
un punto su cui dobbiamo tutti insistere. Che si tratti delle guerre in Africa o in
Medio Oriente, oggi ci sono queste espressioni di violenza che cambiano un po’ le
regole, ma che non devono dimenticare che si tratta sempre del coinvolgimento di persone
umane, verso le quali non tutte le forme di violenza sono permesse.