2012-11-16 15:46:42

Elezioni generali in Sierra Leone: intervista con il direttore della locale Radio Maria


Sierra Leone oggi alle urne. Oltre due milioni e 700 mila i cittadini chiamati a scegliere il nuovo presidente, rinnovare il parlamento e le amministrazioni locali. Nove i partiti in lizza, ma i due principali schieramenti sono l’All People’s Congress e il Sierra Leone People’s Party. Massimiliano Menichetti: RealAudioMP3

La Sierra Leone continua il cammino verso la democrazia. Dopo 10 anni dalla fine di una guerra civile tra le più sanguinose della storia recente, 120mila morti, il Paese si appresta a rinnovare tutto l’arco politico. Nove gli schieramenti, ma il duello elettorale si tiene di fatto tra l’attuale presidente Ernest Bai Koroma dell’All People’s Congress e l’ex generale Julius Maada Bio, candidato del Sierra Leone People’s Party. Massiccia la presenza di osservatori internazionali per seguire le terze elezioni libere del Paese africano. Nel 2002 vinse il Sierra Leone People’s Party, nel 2007, poi, il cambio pacifico al governo e la vittoria di Ernest Bai Koroma. Serviranno circa quattro giorni, dopo il voto di domani, per conoscere l’esito delle consultazioni. Se nessuno supererà il 55% dei consensi si andrà ad una seconda tornata elettorale. Ai nostri microfoni il padre saveriano Luigi Brioni, da 30 anni in Sierra Leone, oggi direttore a Makeni dell’emittente Radio Maria:

R. – Posso dire che c’è soddisfazione per il buon processo elettivo che si sta svolgendo nel Paese. Sono le elezioni più esemplari, per il rispetto reciproco, che abbiamo visto da sempre, a parte qualche piccolissima scaramuccia qua e là. Speriamo che questa pace, questa serenità nel processo elettivo continui sia domani, sia nei giorni in cui si conosceranno i risultati. Noi continuiamo a dirlo in radio, nelle nostre chiese, nella lettera pastorale dei vescovi che in queste elezioni non ci deve essere spazio per le violenze e di contrasti, ma devono essere consultazioni di buon senso e soprattutto nell’interesse del bene comune.

D. – La Chiesa come aiuta nel processo di democratizzazione del Paese?

R. – E’ presente moltissimo, prima di tutto nelle strutture educative, nelle scuole. Prepara al rispetto reciproco dell’unica famiglia di Dio, dei diritti umani… Poi, da un punto di vista più pastorale, ha veramente creato una mentalità nuova, una pagina di una nuova cultura ed ha contribuito a far capire alla politica che non c’è bisogno di essere violenti.

D. – Il 50 per cento della popolazione è musulmana, il 40 per cento appartiene a culti tradizionali, i cristiani sono il 10 per cento. C’è integrazione nel Paese?

R. – Molta integrazione e molto rispetto. Qui usano in genere la parola “tolleranza”. Quando parlano di “tolleranza religiosa” perfino da esportare in altri Paesi, come la Nigeria, il Niger e così via, parlano veramente di convivenza, di un’ottima relazione basata sui diritti umani e sul rispetto.

D. – L’elettorato dei due principali partiti del Paese – il Sierra Leone People’s Party e l’All People’s Congress – è di fatto diviso tra il Nord e il Sud. Questa divisione rimane tuttora?

R. – Adesso il Sud e il Nord non sono così distinti come elettorato. Quindi, speriamo che questa maturità politica sorpassi le divisioni tribali o locali sia nel Nord, sia nel Sud, e vada veramente verso un “manifesto”, verso un programma politico che cambi la Sierra Leone in meglio. Abbiamo tantissime risorse e dobbiamo usarle, soprattutto per i poveri. Quindi speriamo che le promesse che stanno facendo tutti, poi vengano mantenute.

D. – Quali le sfide che il Paese deve affrontare?

R. – Un grande problema è quello del sistema scolastico, che ha bisogno di un rifacimento, di un investimento, di un impegno veramente straordinario. Secondo l’indice dello sviluppo umano, siamo uno dei Paesi più poveri al mondo e questo accade anche per lo scarso accesso all’istruzione che hanno i bambini della Sierra Leone. Un’istruzione poco valida, poco competitiva anche a livello internazionale. Assieme a questo ovviamente c’è la povertà: c’è gente che vive alla giornata, non ha elettricità, casa, acqua. Sono state fatte tante cose negli ultimi cinque anni dal governo dell’Apc, ma molto c’è ancora da fare. E adesso che abbiamo la possibilità di vendere le risorse del Paese – minerali, ferro e così via – dovrebbe esserci un impegno più evidente per risollevare i poveri dalla loro miseria.

Ultimo aggiornamento: 17 novembre 2012







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