Elezioni generali in Sierra Leone: intervista con il direttore della locale Radio
Maria
Sierra Leone oggi alle urne. Oltre due milioni e 700 mila i cittadini chiamati a scegliere
il nuovo presidente, rinnovare il parlamento e le amministrazioni locali. Nove i partiti
in lizza, ma i due principali schieramenti sono l’All People’s Congress e il Sierra
Leone People’s Party. Massimiliano Menichetti:
La
Sierra Leone continua il cammino verso la democrazia. Dopo 10 anni dalla fine di una
guerra civile tra le più sanguinose della storia recente, 120mila morti, il Paese
si appresta a rinnovare tutto l’arco politico. Nove gli schieramenti, ma il duello
elettorale si tiene di fatto tra l’attuale presidente Ernest Bai Koroma dell’All People’s
Congress e l’ex generale Julius Maada Bio, candidato del Sierra Leone People’s Party.
Massiccia la presenza di osservatori internazionali per seguire le terze elezioni
libere del Paese africano. Nel 2002 vinse il Sierra Leone People’s Party, nel 2007,
poi, il cambio pacifico al governo e la vittoria di Ernest Bai Koroma. Serviranno
circa quattro giorni, dopo il voto di domani, per conoscere l’esito delle consultazioni.
Se nessuno supererà il 55% dei consensi si andrà ad una seconda tornata elettorale.
Ai nostri microfoni il padre saveriano Luigi Brioni, da 30 anni in Sierra Leone,
oggi direttore a Makeni dell’emittente Radio Maria:
R. – Posso dire che c’è
soddisfazione per il buon processo elettivo che si sta svolgendo nel Paese. Sono le
elezioni più esemplari, per il rispetto reciproco, che abbiamo visto da sempre, a
parte qualche piccolissima scaramuccia qua e là. Speriamo che questa pace, questa
serenità nel processo elettivo continui sia domani, sia nei giorni in cui si conosceranno
i risultati. Noi continuiamo a dirlo in radio, nelle nostre chiese, nella lettera
pastorale dei vescovi che in queste elezioni non ci deve essere spazio per le violenze
e di contrasti, ma devono essere consultazioni di buon senso e soprattutto nell’interesse
del bene comune.
D. – La Chiesa come aiuta nel processo di democratizzazione
del Paese?
R. – E’ presente moltissimo, prima di tutto nelle strutture educative,
nelle scuole. Prepara al rispetto reciproco dell’unica famiglia di Dio, dei diritti
umani… Poi, da un punto di vista più pastorale, ha veramente creato una mentalità
nuova, una pagina di una nuova cultura ed ha contribuito a far capire alla politica
che non c’è bisogno di essere violenti.
D. – Il 50 per cento della popolazione
è musulmana, il 40 per cento appartiene a culti tradizionali, i cristiani sono il
10 per cento. C’è integrazione nel Paese?
R. – Molta integrazione e molto rispetto.
Qui usano in genere la parola “tolleranza”. Quando parlano di “tolleranza religiosa”
perfino da esportare in altri Paesi, come la Nigeria, il Niger e così via, parlano
veramente di convivenza, di un’ottima relazione basata sui diritti umani e sul rispetto.
D. – L’elettorato dei due principali partiti del Paese – il Sierra Leone People’s
Party e l’All People’s Congress – è di fatto diviso tra il Nord e il Sud. Questa divisione
rimane tuttora?
R. – Adesso il Sud e il Nord non sono così distinti come elettorato.
Quindi, speriamo che questa maturità politica sorpassi le divisioni tribali o locali
sia nel Nord, sia nel Sud, e vada veramente verso un “manifesto”, verso un programma
politico che cambi la Sierra Leone in meglio. Abbiamo tantissime risorse e dobbiamo
usarle, soprattutto per i poveri. Quindi speriamo che le promesse che stanno facendo
tutti, poi vengano mantenute.
D. – Quali le sfide che il Paese deve affrontare?
R.
– Un grande problema è quello del sistema scolastico, che ha bisogno di un rifacimento,
di un investimento, di un impegno veramente straordinario. Secondo l’indice dello
sviluppo umano, siamo uno dei Paesi più poveri al mondo e questo accade anche per
lo scarso accesso all’istruzione che hanno i bambini della Sierra Leone. Un’istruzione
poco valida, poco competitiva anche a livello internazionale. Assieme a questo ovviamente
c’è la povertà: c’è gente che vive alla giornata, non ha elettricità, casa, acqua.
Sono state fatte tante cose negli ultimi cinque anni dal governo dell’Apc, ma molto
c’è ancora da fare. E adesso che abbiamo la possibilità di vendere le risorse del
Paese – minerali, ferro e così via – dovrebbe esserci un impegno più evidente per
risollevare i poveri dalla loro miseria.