Congo: intensi scontri a Goma. La paura dei civili
Dopo tre mesi circa di tregua informale, intensi scontri sono in corso nei pressi
di Kibumba, 30 chilometri a nord di Goma, capoluogo della provincia del Nord Kivu,
tra forze armate regolari (Fardc) e ribelli del Movimento del 23 marzo (M23). La conferma
arriva dall’emittente locale ‘Radio Okapi’ ma sia sui bilanci delle vittime che sulla
dinamica delle violenze sono in circolazione versioni contrastanti. Il governatore
dell’instabile provincia orientale, Julien Paluku - riferisce l'agenzia Misna - ha
annunciato che 113 ribelli sono rimasti uccisi e pochi soldati feriti. Poche ore prima,
da Kinshasa, il portavoce dell’esecutivo Lambert Mende ha confermato la morte di 51
miliziani. “I corpi senza vita che sono stati recuperati avevano tutti divise dell’esercito
ruandese” ha precisato la fonte governativa, aggiungendo che un leader del M23, senza
precisarne l’identità, ha perso la vita e che ingenti quantità di armi sono state
sequestrate. Da Goma, il luogotenente colonnello Olivier Hamuli ha invece deplorato
l’uccisione di un comandante delle Fardc.In comunicati diffusi dall’esercito regolare
e dalla ribellione, le due parti rivali si accusano a vicenda per la ripresa degli
scontri. “Non siamo stati noi ad attaccare. E’ un pretesto. Da due settimane sapevamo
che si stavano rafforzando – ha dichiarato Hamuli – Siamo stati attaccati e ora stiamo
solo recuperando le nostre posizioni”. Il portavoce dell’esercito a Goma ha poi precisato
che “il piccolo gruppo ha lanciato l’offensiva dal Rwanda”, ma senza specificare se
si sia trattato di soldati di Kigali o di ribelli con la divisa ruandese. Dalla nascita
della nuova ribellione del M23, sette mesi fa, diversi rapporti dell’Onu hanno evidenziato
la responsabilità diretta del Rwanda e dell’Uganda, Paesi confinanti con l’Est congolese,
che fornirebbero sostegno politico, militare e logistico al M23. Dal canto loro i
miliziani hanno avvertito che “siamo obbligati a difenderci dopo che siamo stati aggrediti
e che la tregua è stata interrotta” ha detto il loro portavoce Vianney Kazarama. Sul
terreno la situazione militare rimane confusa ed incerta. L’esercito sostiene che
gli scontri sono terminati mentre un’operazione di rastrellamento sarebbe in corso
nella zona di Kibumba e Rubari, confinante con il Rwanda, in cerca di ribelli. L’M23
denuncia invece “bombardamenti” in atto, blindati in azione sul terreno e l’apertura
di tre nuovi fronti di combattimenti da parte delle Fardc. Per ora sembra però esclusa
ogni minaccia diretta al capoluogo di Goma, attorno al quale da mesi sono stati allestiti
campi che hanno accolto migliaia di sfollati. “La gente vive nella paura quotidiana
e nell’incertezza per quanto potrebbe succedere” ha detto Omar Kavota, portavoce delle
Ong della società civile del Nord-Kivu. Il riaccendersi delle violenze giunge mentre
a New York è riunito il Comitato delle sanzioni dell’Onu che sta valutando misure
individuali ai danni di responsabili ruandesi e ugandesi. Tra questi ci potrebbero
essere il ministro della Difesa di Kigali, James Kabarebe, e il capo di stato maggiore
dell’esercito ruandese Charles Kanyonga. Martedì Washington ha iscritto il capo del
M23, Sultani Makenga, sulla lista nera delle persone coinvolte, fisicamente o moralmente,
nel conflitto nell’Est del Congo. La decisione è stata annunciata poco dopo che l’Onu
aveva disposto nei confronti dell’uomo – accusato di omicidi, stupri e vessazioni
– un’interdizione a viaggiare e il congelamento dei beni. Solo 24 ore fa il governo
di Kampala ha deciso, senza preavviso, di chiudere il confine di Bunagana, principale
posto di frontiera con il Congo, fino a nuovo ordine. (R.P.)