Oncologia integrata: un nuovo approccio alla cura dei tumori
Le cure per i malati di tumore possono essere migliorate attraverso la collaborazione
tra le metodologie tradizionali, come quella chirurgica e internistica, e le medicine
non convenzionali. Si tratta di un’attività medico-scientifica già sviluppata in molti
Paesi e che sta prendendo piede anche in Italia. Sul tema è dedicato un convegno a
Roma promosso dall’Artoi, l’associazione per la ricerca su questo tipo di cure. Ma
che cosa è l’oncologia integrata? Giancarlo La Vella lo ha chiesto al dott.
Massimo Bonucci, specialista in Anatomia patologica e Oncologia medica:
R. – Oncologia
integrata significa ricerca, soprattutto di una condivisione, di metodologie che sfruttano
sostanze naturali e non, per vedere di riuscire a diminuire gli effetti collaterali
della chemioterapia e l’impatto fisico nei pazienti per quanto riguarda la chemioterapia
stessa. In più, è stato visto che l’uso di queste sostanze porta – spesso e volentieri
– anche ad un miglioramento dei risultati.
D. – Inizialmente, il tumore veniva
trattato o per via chirurgica o per via internistica. Come il mondo medico ha accolto
questo allargamento di competenze?
R. – Diciamo che, a livello internazionale
sono già presenti società di oncologia integrata, quindi l’uso combinato è una realtà.
In Italia si sta lavorando in questo senso. Noi lo facciamo anche attraverso le università,
lo stiamo facendo anche con altre strutture, come l’Istituto Superiore di Sanità,
in cui c’è un dipartimento che si occupa dell’uso di sostanze naturali in oncologia.
Dal punto di vista strettamente terapeutico, poi, vi sono già anche in altre realtà
nazionali e internazionali possibilità di utilizzo delle metodologie classiche – la
chirurgia, la chemioterapia, la radioterapia – in associazione con le sostanze naturali.
Sembra che piano piano si stia sempre più allargando il consenso medico nei confronti
di questo tipo di terapia.
D. – C’è stato un progresso nelle guarigioni? E
poi, soprattutto, come i pazienti stanno accogliendo questo approccio?
R. –
Già a livello internazionale ed anche in Italia, sono i pazienti che vanno alla ricerca
di questo tipo di approccio, che - lo sottolineo - non è legato a fatti miracolistici:
l’aspetto importante è che il malato vuole comunque stare meglio. E uno dei risultati
è stato proprio questo: la qualità della vita che è migliorata. Dall’altro lato, ci
sono risultati sempre più interessanti nell’uso combinato. Quindi è quasi – come dire,
– il movimento popolare dei pazienti che promuove questo nuovo tipo di cure. E noi
vogliamo che i pazienti, che hanno questa esigenza, non si rivolgano a persone che
non siano qualificate: tutto questo deve essere sempre dedicato a trovare qualcosa
di cui noi possiamo dimostrare la validità. La nostra attenzione è proprio riguardo
a tutto quello che sia scientificamente provato. Diversamente, molte persone si rivolgeranno
ai ciarlatani e questo deve essere assolutamente evitato.
D. – Quali sono le
patologie in campo oncologico che hanno risposto meglio?
R. – Un po’ tutte
le patologie ne risentono positivamente: i pazienti, poi, stanno meglio, sia che ci
siano patologie del sangue, quindi quelle ematologiche, sia per quanto riguarda i
tumori solidi. In più – e questo è interessante – c'è che noi pensiamo che la nutrizione
sia uno dei cardini importanti nel trattamento dei pazienti oncologici.