Myanmar: per la visita di Obama, il governo birmano libera 450 detenuti
Il governo riformista birmano ha ordinato la liberazione di 450 prigionieri, che sono
stati rilasciati ieri. Analisti ed esperti di politica interna sottolineano che l'amnistia
è un gesto di buona volontà, in vista della storica visita ufficiale del presidente
statunitense Barack Obama - da poco confermato al secondo mandato - in Myanmar in
programma la prossima settimana. Al momento non vi sono conferme sulla presenza di
detenuti politici fra i detenuti che ieri hanno lasciato la cella, ma in passato i
provvedimenti di grazia emessi dal presidente riformista Thein Sein hanno riguardato
prigionieri di coscienza e criminali comuni. Il rilascio di parte dei detenuti politici
è uno dei punti caratterizzanti il cammino di democratizzazione impresso al Paese
dall'attuale capo di Stato, dopo cinque decenni di regime militare che hanno oppresso
l'ex Birmania. Fra le altre vi sono anche l'abolizione della censura preventiva sulle
pubblicazioni, la promulgazione di leggi che consentono manifestazioni pacifiche di
piazza e il libero associazionismo sindacale. Fonti dell'agenzia AsiaNews nel Paese
confermano la sensazione di "maggiore libertà che si respira", in un Paese in "rapida
evoluzione nel breve volgere di un anno". Più possibilità di spostamento e meno controlli,
una rapida diffusione dei telefoni cellulari, quando in passato erano riservati solo
alle élite, la crescita dell'economia sono ormai un dato di fatto. I cambiamenti hanno
spinto i governi occidentali, fra cui Washington, a cancellare o rimuovere in parte
le sanzioni economiche e commerciali al Myanmar, dando vita a una nuova fase nei rapporti
con Naypyidaw. Fino all'aprile 2011, quando si è assistito al passaggio dei poteri
fra la giunta militare e il governo semi-civile - sebbene controllato dall'esercito
che detiene la maggioranza in Parlamento fra propri rappresentanti ed ex militari
- nel Paese vi erano 2mila detenuti politici. I movimenti di opposizione e gli attivisti
all'estero sottolineano che "vi sono ancora almeno 330 prigionieri di coscienza" nelle
carceri birmane. Tuttavia, non mancano le voci critiche come quella di Ko Ko Gyi,
ex detenuto politico, secondo cui Thein Sein ha attuato un "uso strategico" del rilascio
dei prigionieri, giudicata come "una merce di scambio" se si considera "la tempistica"
dei provvedimenti di amnistia. Il precedente risale al settembre scorso, a pochi giorni
dallo storico viaggio del presidente negli Stati Uniti per partecipare all'Assemblea
generale delle Nazioni Unite a New York. Sulla situazione in Myanmar è intervenuta
anche la leader dell'opposizione e Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, la più famosa
fra i detenuti politici birmani, che ha trascorso 15 degli ultimi 21 anni agli arresti
domiciliari. Nel contesto del viaggio in India, la "Signora" ha chiesto cautela nel
giudicare le riforme promosse dal governo birmano, sottolineando che il Paese "non
ha ancora raggiunto l'obiettivo di una piena democrazia". (R.P.) Ultimo aggiornamento:
16 novembre