Mons. Tomasi: civili, prime vittime nei conflitti, fallimento dell'umanità
Il diritto delle parti in conflitto a scegliere mezzi e metodi di guerra non è illimitato
e non è accettabile. E’ quanto ribadito ieri da mons. SilvanoTomasi,
Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio dell’Onu a Ginevra, nel
suo intervento durante un incontro promosso sull’uso delle armi convenzionali. Mons.
Tomasi ha quindi sollecitato interventi affinché si metta fine al coinvolgimento dei
civili delle aree urbane, divenuti ormai le prime vittime dei conflitti armati. FrancescaSabatinelli ha intervistato mons. Tomasi:
Di seguito
la sintesi dell'intervento di mons. Tomasi all'Onu:
Le vittime civili dei conflitti
armati sono la prova del fallimento degli sforzi della comunità internazionale nel
costruire civiltà pacifiche.
L’osservatore permanente della Santa Sede presso
l’Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra, ha denunciato gli enormi costi umani dell’uso
delle armi in particolare nelle zone urbanizzate. Durante gli attacchi – ha affermato
il presule - viene data la priorità agli interessi etnici, religiosi o nazionali mentre
i civili sono dimenticati. Nonostante le convenzioni internazionali, che cercano
di limitare il diritto dei belligeranti ad usare mezzi di guerra particolarmente letali,
i civili innocenti nelle aree urbane – ha affermato mons. Tomasi - continuano ad
essere le prime vittime dei conflitti armati, vittime che i belligeranti definiscono
danni collaterali: così, la stragrande maggioranza dei morti e dei feriti sono civili
e i danni interessano soprattutto le infrastrutture civili e le risorse di base di
sussistenza di intere popolazioni. Tutto ciò – denuncia il rappresentante vaticano
- dimostra che i principi fondamentali del diritto internazionale umanitario spesso
non vengono rispettati. Inoltre, questi attacchi causano anche traumi psicologici
e lo stop allo sviluppo per molti anni. I bambini e le donne sono particolarmente
colpiti. Causano odi e ferite difficili da guarire. Rendono la riconciliazione più
difficile, se non impossibile. I belligeranti, inoltre - ha aggiunto - devono riconoscere
la loro responsabilità nei confronti delle vittime, in un modo o nell'altro. L'assistenza
alle vittime è un diritto umano, un impegno umanitario e politico, e nasce dalla centralità
della persona umana e dalla sua dignità inalienabile, che costituisce la base etica
del diritto internazionale umanitario.
Mons. Tomasi sottolinea poi il fatto
che i governi, le cui forze armate sono impegnate in conflitti armati, prendono molto
sul serio l’opinione pubblica quando ci sono vittime tra le loro truppe. Ma, purtroppo,
non accade lo stesso quando ci sono vittime civili non appartenenti alla loro comunità
nazionale. Oggi – nota il presule - molte voci si alzano per mettere in discussione
l'uso di queste armi letali in aree popolate, ma la strada da percorrere per realizzare
l’obiettivo di proteggere i civili resta lunga.
In conclusione – afferma mons.
Tomasi - si può affermare con sufficiente certezza che è impossibile usare armi esplosive
in zone popolate e mantenere il rispetto dei principi del diritto internazionale umanitario
che si tradurrebbe nella protezione dei civili.