Pakistan: appello per cristiano condannato a morte per blasfemia, in carcere da sette
anni
Il calvario di Younis Masih, cristiano condannato a morte per vilipendio al Profeta
Maometto, da sette anni in carcere, è emblematico per tutti i casi di false accuse
di blasfemia che toccano le minoranze religiose: Younis è un uomo accusato ingiustamente
che si ritrova la vita rovinata, segnata da anni di detenzione e sofferenza. Martedì
si è tenuta dinanzi all’Alta Corte di Lahore, l’udienza di appello per il processo
a Younis Masih, condannato a morte il 30 maggio 2007 da un tribunale di primo grado
in base all’art. 295-c del Codice Penale pakistano, per presunta blasfemia contro
il profeta Maometto. La denuncia contro di lui era stata depositata il 10 settembre
2005, e il giorno dopo Younis è stato arrestato. Aveva 26 anni. Da allora è dietro
le sbarre e la sua famiglia, composta da moglie e quattro figli minorenni vive la
tragica assenza del padre e lotta ogni giorno per la sopravvivenza. Durante il processo
di primo grado, Younis Masih ha cercato di discolparsi, dichiarando pieno rispetto
per il Profeta Maometto e indicando le ragioni per cui i suoi accusatori avevano maliziosamente
formulato false accuse contro di lui. Infatti il denunciante, Hafiz Abdul Aziz, 27enne
musulmano, veniva spesso nella colonia cristiana, dove Younis viveva, a molestare
le ragazze cristiane. Younis e altri amici lo avevano diffidato dal farlo e avevano
avuto un litigio con lui. Il giudice, però, non gli ha creduto e lo ha condannato
a morte. Come riferito all'agenzia Fides, l’avvocato cattolico e difensore dei diritti
umani, Naeem Shakir, ora ha assunto il caso e sta curando il processo di appello.
Nell’udienza di ieri il denunciante non si è presentato e la Corte ha stabilito un
rinvio, fissando la prossima udienza al 17 dicembre 2012. “Dopo sette anni di carcere
e di immani sofferenze per lui e per la sua famiglia, speriamo che venga accertata
presto la verità”, spiega a Fides l’avvocato Naeem Shaker. Il caso di Rimsha e la
nuova consapevolezza nell’opinione pubblica pakistana sull’abuso delle legge di blasfemia,
spiega, potrebbe giovare anche a Younis Masih. (R.P.)