Comunità per minori, impegno prezioso a volte infangato
A seguito della
vicenda del bambino 'conteso' di Cittadella, alcuni mass-media hanno proposto la questione
della tutela dei minori in modo scorretto, producendo disinformazione attraverso una
grave criminalizzazione delle comunità di accoglienza, accusate di essere lager, o
di agire a scopo di lucro. "Si è fatta una gran confusione sui motivi per cui
un bambino può essere allontanato dalla famiglia di origine e accolto in comunità"
spiega Liviana Marelli, responsanile area infanzia, adolescenza e famiglie del
Cnca (Coordinamento nazionale comunità di accoglienza). "Siamo preoccupati
per questo modo di informare che non tutela i diritti dei più deboli ma cerca solo
lo scoop. E ci preoccupano anche i tagli alla spesa pubblica, al welfare e il disinvestimento
sui servizi sociali che diminuisce la tutela dell'infanzia e impedisce la prevenzione
per evitare gli allontanamenti. Noi che ci battiamo da anni per questi temi ci ritroviamo,
paradossalmente, ad essere considerati dei 'ladri di bambini', o dei criminali che
fanno affari sulla pelle dei più piccoli". "Noi lavoriamo accanto ai minori per
accompagnarli nella loro crescita, nel rapporto con la scuola e a ritrovare un rapporto
con la loro famiglia di orgine, con la speranza di ricomporla" spiega Caterina
Pozzi, presidente del centro accoglienza 'La Rupe' di Bologna. "Lo facciamo con
stipendi che superano di poco i 1000 euro al mese e cercando, pur nell'assenza di
politiche certe che definiscano cos'é una comunità di tipo familiare, di assicurare
ai minori dei livelli standard-essenziali di tutela". "Venite a vedere le nostre comunità,
quelle del Cncm (Coordinamento nazionale comunità minori), sono comunità aperte. E
se qualcuno intravede degli elementi di criticità li denunci" conclude la rappresentante
del Cnca, Liviana Marelli". (A cura di Fabio Colagrande)