Cardinale Betori: no al cristianesimo come "relilgione civile"
Nonostante l’identità italiana sia “segnata indelebilmente dall’annuncio e dell’evento
cristiano”, è anche “evidente il rischio che l’adesione al fatto cristiano si riduca
a fenomeno di religione civile”. Lo ha detto il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo
di Firenze, intervenendo martedì al seminario per i vescovi italiani, che si conclude
oggi a Roma. “Nel generale smarrimento del bene comune - l’analisi del cardinale -
si affaccia il rischio che anche la fede sia vissuta e celebrata in forma privata,
generando una sorta di 'diaspora’ per la quale, proprio in ordine alla fede, non è
più rilevante la modalità in cui vengono pensati i vissuti umani”. In questo contesto,
“la sfida più esigente è rappresentata dal consolidarsi di una cultura che mette Dio
tra parentesi e che scoraggia ogni scelta impegnativa, in particolare quelle definitive,
per privilegiare invece, nei diversi ambiti della vita, l’affermazione di se stessi
e le soddisfazioni immediate”. Il compito della Chiesa, per il cardinale Betori -
riferisce l'agenzia Sir - è quello di proporre un “vero umanesimo”: “È il falso concetto
di autonomia ciò che incrina la cultura odierna, quella secondo cui la persona si
pensa tanto più felice quanto si sente prossima a fare ciò che vuole”. “Se il tema
della nuova evangelizzazione - ha detto l’arcivescovo, soffermandosi sul legame tra
quest’ultima e gli Orientamenti pastorali della Cei per questo decennio - è certamente
entrato nel linguaggio e nella riflessione a livello di studiosi e di operatori pastorali,
nella mentalità diffusa delle comunità manca una sufficiente consapevolezza delle
conseguenze di una sua reale applicazione”. In particolare, la “dimensione formativa”
degli adulti, “prioritaria ed essenziale”, è spesso la “grande assente” nella pastorale
ordinaria”. “Il crescere e il diventare adulti - ha detto il cardinale Betori - non
è un automatismo legato all’età o al curricolo di studi, ma richiede la coltivazione
del sé, la capacità di riflessione e l’esercizio delle virtù. Il tema della credibilità
e della testimonianza dell’adulto gioca la sua partita fondamentale non sul terreno
delle competenze, e neppure primariamente su quello delle conoscenze, ma su quello
delle scelte vissute e con onestà perseguite”. Di qui l’urgenza di “dedicare tempo,
spazio e risorse alla formazione e all’accompagnamento degli adulti che sono già all’interno
delle nostre realtà ecclesiali, tenendo presente che essi non sono al di fuori delle
dinamiche sociali odierne”, per “far emergere una responsabilità di testimonianza
ed educazione condivisa nella comunità ecclesiale”. (R.P.)