Il neopresidente dell’Accademia di Latinità: chi accede al sacerdozio deve conoscere
il latino
Con un Motu Proprio pubblicato sabato scorso, Benedetto XVI ha istituito la Pontificia
Accademia di Latinità, con il compito – ha affermato fra l’altro il Papa – di rilanciare
lo studio della lingua ufficiale della Chiesa, che corre il rischio di una “conoscenza
sempre più superficiale”. A dirigere la Pontificia Accademia, Benedetto XVI ha nominato
un illustre latinista, il prof. Ivano Dionigi, rettore dell’Alma Mater Studiorum-Università
di Bologna. Alessandro De Carolis gli ha chiesto di descrivere sentimenti e
obiettivi nell’assumere questo incarico:
R. - Un senso
di profonda riconoscenza, sapendo da chi viene questa nomina! Credo che anche il compito
di uno che guida un grande Ateneo come quello dell’Alma Mater sia un compito sostanzialmente
di educatore, di attenzione alla cultura. Credo che oggi, in questo Paese, che è a
rischio di “anoressia” culturale, contribuire dai vari versanti a porsi problemi e
cercare anche di dare qualche risposta, partendo da lontano e perché no, anche dal
latino, si possa fare un servizio anche a una comunità come quella dell’università,
in generale.
D. – Lei ha parlato di “anoressia” culturale, un rischio che potrebbe
essere anche per la Chiesa che, come ha rilevato di recente il cardinale Ravasi, rischia
di dimenticare la conoscenza del latino. Nel concreto in che modo l’istituzione che
lei si appresta a dirigere intende mettere in moto un’inversione di tendenza?
R.
- Credo che una prima direzione di recupero sia quella del reintegro del latino negli
istituti religiosi, soprattutto nei seminari. Non è pensabile che chi accede al sacerdozio
non conosca il latino, non solo perché in quella lingua hanno parlato i Padri, non
solo perché è stato il segno dell’universalità, ma anche perché i Padri della Chiesa
hanno scritto in latino, e anche per la liturgia... Quindi, un primo punto è quello
della lingua latina. Poi, credo che ci sia una seconda direzione di impegno. Questa
Pontificia accademia deve gettare un ponte col mondo laico, soprattutto col sapere
dell’università e delle università in primo luogo e, allora, c’è spazio per la cultura
classica non solo latina ma anche greca. Cercare di vedere un po’ di recuperare questo
triangolo Atene-Gerusalemme-Roma, di vederne il recupero nella sua eredità migliore.
D.
- Nel suo Motu proprio, Benedetto XVI nota un rinnovato interesse per il latino anche
nel mondo contemporaneo ipertecnologico: qual è la sua esperienza su questo aspetto?
R.
- Mi pare di cogliere che ci sia un ritorno di interesse verso il latino, la classicità,
le lettere classiche. Un ritorno che, a dire il vero, è di segno duplice. Per un verso
ci sono coloro che ancora si ostinano a vederci un segno elitario, un segno di status
symbol. Credo che questo non faccia bene. Invece, il problema oggi è vedere come capitalizzare
al meglio questa lingua e questa cultura sottesa a questa lingua. Bisogna recuperare
i testi classici che sono di un’attualità esplosiva. Perché c’è questo ritorno? Perché
di fronte a una letteratura dei testi, a una realtà spesso così povera e impoverente,
un testo come Agostino, un testo come Seneca, un testo come Lucrezio, resistono al
tempo e alle mode, parlano alle persone un linguaggio che oggi nella quotidianità
la gente fa fatica a trovare.
D. – In un’epoca come la nostra, dove per riscuotere
attenzione si deve godere di un marketing incisivo, svelto, in che modo lei sponsorizzerebbe
l’importanza della lingua latina, non solo in ambito ecclesiale?
R. – Io potrei
dire, in maniera altisonante, perché i classici insegnano a pensare bene col loro
pensiero plurale! Ma io mi attengo a un motivo che da solo basterebbe: dobbiamo farlo
per interesse, per i beni culturali. Solo di patrimonio culturale noi abbiamo una
densità per cui si giustifica l’apprendimento di queste lingue. I beni culturali…
tutto il nostro Occidente è stato segnato, tutta la nostra arte, tutta la nostra letteratura…
Come si fa a girare in un museo, a vedere un quadro, a vedere una statua senza conoscere
… Se non lo si fa per convinzione, ma lo si faccia per convenienza … C’è un grande
patrimonio culturale da recuperare e ci vogliono persone che capiscano questa tradizione
e la facciano capire agli altri. Questo è un patrimonio culturale che diventa un patrimonio
economico e anche una grande opportunità occupazionale per i giovani. Diceva il mio
compianto amico Giuseppe Pontiggia: se Roma fosse sorta nel Texas, gli americani avrebbero
avuto ben altra attenzione per quest’eredità classica!