Mons. Paglia: società crudele verso gli anziani. La testimonianza di Enrichetta e
di un volontario
La visita del Papa è stata scandita anche da diversi incontri come quello con una
famiglia di haitiani ospite della Casa famiglia di Sant’Egidio dal terremoto del 2010.
Benedetto XVI ha pure salutato una decina di anziani non autosufficienti e un folto
gruppo di liceali impegnato nel volontariato. Poco prima di lasciare la struttura,
il Papa, parlando a braccio, ha detto di uscire dalla visita “ringiovanito e rafforzato”.
Riferendosi ai volontari, ha aggiunto che “sono angeli visibili” e che ha “visto lo
spirito di Cristo nei loro occhi”. Infine, ha sottolineato che nella Casa “Viva gli
anziani” “non ci sono differenze tra ricchi e poveri, come per Gesù”. Al microfono
del nostro inviato Fabio Colagrande, ascoltiamo dunque proprio i protagonisti
della giornata: l’anziana Enrichetta, 91 anni, e un volontario, Corrado:
D. - Signora
Enrichetta qual è la sua emozione nell’aver incontrato il Papa e nell’averlo
salutato, a nome di tutti gli anziani della Comunità di Sant’Egidio…
R. - E’
stata una grande emozione. Una grande emozione anche perché tutti i giorni io dico
il Rosario e metto nel Rosario anche il Papa; prego che il Signore gli dia sempre
la forza, che non ci lasci mai e specialmente chiedo di aiutarlo.
D. - Il
Papa ha detto: “Conosco bene i problemi dei miei coetanei”, lì è partito un applauso
dalla folla...
R. - Io sono stata colpita tanto e penso anche gli altri! Prego
per il Papa in un modo particolare. Poi, quando vado a coricarmi la sera dopo la giornata
trascorsa, e prego, non dico “Signore mio”, ma “Padre mio”, e gli dico: “Grazie, per
avermi fatto trascorrere la giornata”. La mattina, quando mi alzo, dico la stessa
cosa: “Grazie, che mi fai vedere l’aurora” e gli dico anche “Tienimi vicino a te e
fa di me quello che vuoi”.
D. - Corrado Cavallo, impiegato come volontario
nella Comunità di Sant’Egidio: qual è l’atmosfera che si respira in questo “condominio”?
R.
- E’ un clima veramente di famiglia ed è un modello anche ripetibile, perché dimostra
che non è necessario, quando una persona diventa anziana, rispondere con delle strutture
sanitarie ed ospedaliere. Anzi, la “casa” aiuta a vivere, a vivere di più e gli anziani
che vivono qui - in particolare c’è un’anziana, al terzo piano, che ha compiuto poco
tempo fa 100 anni - lo dimostrano. L’età media è molto alta. È una vita che si allunga.
Diciamo che in questa “casa” c’è un grande segreto ed il grande segreto è l’amore
che ovviamente non è soltanto un amore dato, ma è un amore ovviamente ricevuto.
All'evento
era presente anche mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio
per la Famiglia. Fabio Colagrande ha chiesto al presule una riflessione sull’importanza
di questa visita del Papa:
R. – L’esperienza
di essere anziani è una delle dimensioni importanti della vita, che purtroppo oggi
la società poco riconosce e soprattutto poco sostiene. Ecco perché questa visita del
Papa in una delle case della Comunità di Sant’Egidio, dedicate appunto all’attenzione,
alla vicinanza, all’affetto per gli anziani, è una visita importante per tutti. E
importante anche per il Pontificio Consiglio per la Famiglia, perché il Papa ha detto
una cosa alla quale bisogna prestare molta attenzione: ogni anziano ha diritto di
restare a casa sua, come lo ha il bambino, come lo hanno la mamma e il papà e chiunque.
Questa è una condizione importante, perché purtroppo la società spesso, quando si
arriva ad una certa età, manda via gli anziani. Qui invece no, qui è “viva gli anziani”
e non via gli anziani dalla famiglia o dalla società. Quando gli anziani sono lasciati
soli, allora bisogna creare delle strutture o degli ambienti che possano far rivivere
il clima familiare, perché soprattutto in un’età avanzata, come accade ai più piccoli,
avere amici affettuosi vicino è la condizione per vivere. In questo senso, bisogna
sottolineare, alla fine di quest’anno che le Nazioni Unite hanno dedicato all’invecchiamento
attivo, che oltre agli anziani, che devono essere attivi, in verità devono essere
attivi anche i più giovani verso gli anziani. In questo senso, questa visita mi pare
davvero un piccolo tesoro da custodire, mentre l’Anno della Fede prende avvio. Credere
vuol dire anche non abbandonare gli anziani.
D. – Una visita che è stata anche
una conferma dell’attività più che trentennale che la Comunità compie nei confronti
degli anziani, un’importante conferma...
R. – Sì, questo lo ricordo fin dagli
inizi. Per la comunità è stata importante la vicinanza con gli anziani, proprio perché
emergeva in essi una sorta di segno di come la società stesse diventando crudele.
Si allunga la vita degli anziani ed è straordinario – un progresso davvero da lodare
– ma nello stesso tempo si rischia di approfondire la solitudine. Una società davvero
crudele: ti allunga la vita e te la rende più amara. Allora chiediamo che cosa vuol
dire un progresso senza l’amore, uno sviluppo senza solidarietà. Ecco perché questa
visita conferma un impegno. Io mi auguro, però, che sia una grande esortazione a tutti:
alle famiglie a tenersi gli anziani, alle società a custodirne la ricchezza, ai governi
ad impegnarsi, perché questi anni siano di consolazione per tutti coloro che hanno
dato la loro vita per i Paesi e per la società.