2012-11-12 12:47:22

Haiti: ancora inondazioni dopo “Sandy”, almeno 16 morti


Emergenza nell’emergenza per Haiti: dopo il devastante terremoto di due anni fa e il passaggio dell’urgano “Sandy” nuove inondazioni hanno colpito l’isola in questi ultimi giorni provocando 16 morti. Ad Haiti, sono almeno 200 mila le persone sfollate alle prese con povertà e colera, mentre il 30% della popolazione non ha accesso all’acqua potabile. In prima linea in aiuto della popolazione haitiana, c’è l’Associazione “Sos Villaggi dei Bambini” che - tramite la portavoce in Italia, Elena Cranchi - lamenta la disattenzione dei grandi media per l’emergenza umanitaria ad Haiti. L’intervista è di Alessandro Gisotti:RealAudioMP3

R. - Il terremoto è avvenuto il 12 gennaio 2010 e non siamo ancora usciti da una situazione di emergenza. Il problema è che si tratta di una terra che fa fatica, evidentemente, a essere ricostruita. Il problema di “Sandy”: noi ci siamo spesso chiesti cosa sarebbe capitato se ci fosse stata una maratona ad Haiti (come a New York - ndr.). La sensazione è, come sempre, che le emergenze se toccano determinati Paesi riescono ad avere visibilità e, in qualche modo, a costruire una rete di aiuti. Quando invece non ci sono le condizioni mediatiche per dare spazio, o per suscitare l’interesse, tutto viene coperto dal silenzio.

D. - Quali sono i danni più gravi causati dal passaggio dell’Uragano Sandy?

R. - Parliamo di 54 morti, dispersi, feriti. Parliamo di danni che ammontano a 600 milioni di dollari, parliamo di strade e ponti distrutti, di approvvigionamento idrico assolutamente da rimettere in piedi e di scuole. Tra l’altro, molte delle scuole che noi avevamo ricostruito e ristrutturato sono state di nuovo danneggiate. Noi eravamo riusciti a dare la possibilità ai bambini di tornare a scuola: ora, a causa di questo uragano, abbiamo 1500 bambini che non possono frequentare le lezioni e bisognerà ripartire non dico da zero, ma quasi.

D. - Il terremoto, l’uragano, la povertà endemica: Haiti sembra quasi condannata a non ripartire mai davvero. C’è rischio di una perdita di speranza?

R. - Non per noi. Così come credo non la stiano perdendo le associazioni, che da tanti anni si battono evidentemente per cercare di risolvere dei problemi. Forse, c’è un timore e, a volte, non proprio una perdita di speranza ma una rabbia, che penso sia generalizzata a tutte le persone che operano nel no profit perché, ripeto, ci sono sempre degli “interruttori” che vengono accesi e poi spenti così sulle crisi… Devo dire che c’è sicuramente una responsabilità da parte dei media. Di volta in volta, ci sono delle cose che meritano più attenzione, ma che non necessariamente hanno più attenzione.







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