Siria nella morsa della violenza, drammatica la situazione umanitaria
Un’altra giornata di sanguinosi scontri ieri in Siria con almeno un centinaio di vittime.
E, mentre il conflitto tra esercito di Damasco e insorti rischia nuovamente di coinvolgere
i Paesi confinanti, il presidente Assad ribadisce la sua inamovibilità e sottolinea:
“Un intervento straniero in Siria avrebbe ripercussioni mondiali”. Il servizio di
Marina Calculli: Bashar al-Assad
è inflessibile dopo venti mesi di un conflitto che ha già provocato oltre 37.000 morti:
“Sono nato in Siria e voglio morire in Siria” ha detto il presidente in un’intervista
rilasciata ad una tv russa. Un rifiuto – di fatto – della possibilità, seppur vagamente
prospettata, di un’uscita di scena con salvacondotto. Assad è poi tornato a parlare
di geopolitica: “la Siria è il bastione della laicità, della stabilità e della convivenza
regionale. Io non credo che l’Occidente voglia invadere il paese. Nessuno comunque
può prevedere quali effetti devastanti un’invasione potrebbe generare”. Intanto da
Doha, dove l’opposizione è riunita nel difficile obiettivo di unificare le sue correnti
dopo 4 giorni di dialogo restano divisi il Consiglio Nazionale Siriano e l’iniziativa
di Riad Seif – appoggiata dall’America – che mira a formare un vero e proprio governo
in esilio. La giornata di ieri si era aperta con un monito preciso: Un mancato accordo
potrà ulteriormente rimandare la transizione. Intanto è in corso la missione in
Libano dell’inviato del Papa, il card. Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio
Cor Unum, per la crisi nell’area, proprio mentre la Croce Rossa Internazionale parla
di situazione “inaccettabile in Siria” e l’Unicef denuncia: più di un bambino al giorno
perde la vita. Circa 200 le vittime nelle ultime 24 ore, molti i civili. Una situazione
insostenibile denuncia la Croce Rossa Internazionale. Il commento Massimo Barra
membro della commissione permanente della Croce Rossa Internazionale e Mezzaluna Rossa,
raccolto da Massimiliano Menichetti:
R. – La Croce
Rossa internazionale è stata la prima a definire il conflitto per quello che è: una
guerra civile, con attori multipli, alcuni dei quali informali e quindi non vincolati
alle previsioni della Convenzione di Ginevra. Questo rende la situazione ingovernabile
anche dal punto di vista dell’accesso possibile alle vittime. Il presidente del Comitato
internazionale si è recato in visita in Siria, ha parlato personalmente con Assad,
il quale gli ha assicurato ogni possibile intervento da parte sua per favorire l’accesso
alle vittime. Però la realtà sul terreno è diversa. Il fatto che esistano molteplici
attori, a volte non collegati fra di loro, fa sì che i centri di comando siano eterogenei
e che quindi il risultato finale sia l’impossibilità per la gente della Croce Rossa
e della Mezzaluna Rossa di accedere alle vittime.
D. - La situazione del movimento
dei profughi: quali notizie avete?
R. – Le popolazioni civili, che ai sensi
della quarta Convenzione di Ginevra dovrebbero essere risparmiate dal conflitto, in
realtà, nelle nuove forme di guerra sono quelle che pagano un "pedaggio" più elevato
con un numero crescente di persone, che sarà sempre più crescente perché lì è impossibile
vivere. Se non si ha una soluzione politica o una soluzione militare - questo è un
problema non della Croce Rossa - la situazione tenderà inevitabilmente, ineluttabilmente,
a peggiorare ancora.
D. – In un primo momento si era parlato della necessità
di corridoi umanitari, poi questo è stato accantonato?
R. – Il corridoio umanitario
vuol dire l’accesso alle vittime: se c’è la volontà politica è possibile tutto. Servirebbe
un’intesa fra i ribelli e il regime.
D. – Ma Assad permetterà l’avvio dei corridoi
umanitari, che vuol dire far entrare persone nel proprio territorio?R. –Sarebbe anche
nel suo interesse: per alleggerire le sue responsabilità.
E anche l’Unicef
denuncia: “In Siria oggi muore più di un bambino al giorno”. La testimonianza, al
microfono di Massimiliano Menichetti, di Andrea Iacomini portavoce di
Unicef Italia:
R. – La situazione
è davvero drammatica e auspichiamo al più presto una soluzione, anche perché la popolazione
è stremata e aumenta sempre di più il numero di profughi. Ci sono più di duemila persone
che ogni giorno varcano i confini della Siria per andare nei territori vicini, in
Paesi come la Turchia, come l’Iraq, ma soprattutto il Libano e la Giordania. Noi come
Unicef nella regione lavoriamo in condizioni molto difficili: ci sono stati bombardamenti
che hanno colpito ambulanze e anche ospedali mobili. Non c’è dubbio che a fare le
spese di tutta questa situazione siano in particolar modo i bambini.
D. – Poco
tempo fa la denuncia: un bambino al giorno muore in Siria. Adesso qual è la situazione?
R.
- La situazione è assolutamente cambiata in peggio. Non più un bambino, ormai siamo
a cifre molto più alte, questo perché i bombardamenti sono aumentati. Oggi muore più
di un bambino al giorno. Ci sono in totale quattro milioni di persone che in modo
diverso sono state colpite da questo conflitto. Di questi, circa un milione e mezzo
sono bambini. Bisogna mettere fine a questa barbarie, perché a farne le spese sono
poveri innocenti.
D. – Qual è la situazione del vostro intervento, cosa state
facendo?
R. - Il nostro personale è attivissimo e malgrado le difficoltà dialoga
costantemente tanto con le autorità governative quanto con l’opposizione per cercare
di soccorrere - ci tengo a precisarlo - i bambini: non esiste fazione ma il supremo
interesse dei bambini. L’Unicef è impegnata in Siria, nelle zone di Damasco e di Aleppo,
per offrire un supporto sanitario, un supporto logistico, aiuti in termini di cibo,
di vaccinazioni. Per quanto riguarda invece i Paesi limitrofi, l’Unicef è molto attiva
nel campo profughi di Zaatari: si trova in Giordania ed è il campo più grande, dove
l’affluenza aumenta giorno dopo giorno. C’è un dato dell’Acnur che in termini di profughi,
non lo dimentichiamo, afferma che entro la fine del 2012 si supereranno le 700 mila
unità, che è un numero davvero enorme.
D. - Qui siete impegnati anche nel cercare
di fornire un’istruzione ai bambini?
R. – Si. Non dimentichiamo che questi
bambini hanno bisogno di tornare alla normalità e nei campi sono state allestite scuole
proprio per dare la possibilità di proseguire con le lezioni, per dare possibilità
a questi bambini di trovare anche spazi che non sono solo quelli tradizionali ma anche
quelli ricreativi.
D. - Quali sono gli altri campi dove siete attivi?
R.
– Anche in Iraq e in Turchia l’attività prosegue sempre a supporto di questi poveri
profughi e di queste famiglie spesso, purtroppo, mutilate: è il termine giusto da
utilizzare, perché non ci sono più il papà, la mamma, molti bambini perdono entrambi
i genitori, oppure non li trovano perché, a causa del conflitto, ci sono anche persone
scomparse di cui non si hanno più notizie.