Siria: aumenta il flusso dei profughi in Turchia, Assad ribadisce di non voler lasciare
il Paese
E’ di oltre 100 morti il bilancio delle violenze oggi in Siria. Lo denunciano gli
attivisti della Lega siriana per i diritti umani. Quattro civili, tra i quali una
donna, sono stati uccisi da un'autobomba in un sobborgo di Damasco. E sempre più grave
è la situazione dei profughi: 11mila i siriani fuggiti in Turchia nelle ultime 24
ore. Secondo l’ONU gli oltre 400mila profughi attualmente registrati nei paesi ai
confini con la Siria, arriveranno a quota 700mila all'inizio del prossimo anno, mentre
il numero delle persone bisognose di aiuti nel Paese potrebbe salire dai 2,5 milioni
attuali a oltre 4 milioni.
Ieri il presidente Assad, aveva ribadito che non
lascerà la Siria e che solo le urne potranno decidere il suo destino. Ma a chi è rivolto
il suo messaggio? Benedetta Capelli lo ha chiesto a Luigi Goglia docente
di Storia e Istituzioni dei Paesi afro-asiatici all’università Roma Tre:
R. - Gli
interlocutori più importanti sono le forze che gli sono avverse nel Paese, ma soprattutto
la scena internazionale, molto probabilmente il riconfermato presidente Obama. Il
punto è su che cosa si basa tutto questo. Io credo che lui abbia ancora posizioni
di forza dentro il Paese. Inoltre c’è la solidale alleanza con la Russia e con l’Iran
e questi sono altri due punti di forza.
D. - Sul terreno la situazione continua
ad essere drammatica. Aumenta anche il flusso dei profughi e l’opposizione sembra
assolutamente lontana dal compattarsi. È difficile intravedere una soluzione in questo
contesto?
R. - Io credo che sia difficile. Credo anche che la questione siriana
sarà ancora lunga in questi termini, sarà un fenomeno che noi ci porteremo dietro
ancora per molto tempo. La popolazione siriana ne soffrirà molto. Ma che le opposizioni
non trovino un fronte comune è abbastanza evidente. Ci sono forze siriane che sono,
secondo me, le più attendibili e sono la vera opposizione e poi ci sono gli interessi
dell’Arabia Saudita, gli interessi dei conservatori radicali integralisti islamici...
La Siria, malgrado tutto, è un Paese musulmano che ha una tradizione abbastanza laica
e questi interessi si possono conciliare poco con altre posizioni più schiettamente
politiche e democratiche dei siriani. Quelli che vengono da fuori non aiutano. Sul
piano militare possono forse aiutare ma non sul piano di una compattezza, di un’unità
delle forze anti-Assad... questa è la mia impressione.
D. - Tra l’altro Assad
ha detto che le violenze potrebbero cessare se terminasse il sostegno internazionale
ai ribelli, ma con chi ce l’aveva, secondo lei?
R. – Secondo me, lui ce l’aveva
con tutti, però in particolare con il sostegno forte in soldi, armi, uomini, che viene
dall’Arabia Saudita e dagli Emirati.
D. – Allora, come uscire da questa situazione
senza un intervento esterno?
R. – Io parlerei forse di più di un non intervento
esterno: se non intervenisse più massicciamente l’Iran, gli Hezbollah, gli aiuti
che ha dalla Russia e forse anche dalla Cina ... questo sarebbe un grande aiuto alla
pacificazione nazionale siriana.