Con un lungo discorso, il presidente cinese Hu Jintao ha dato il via al 18.mo Congresso
del Partito Popolare cinese, in programma a Pechino fino al prossimo giovedì. Economia,
politica estera e la piaga della corruzione al centro del suo intervento, l’ultimo
alla guida del partito che uscirà da questo incontro totalmente rinnovato nei suoi
vertici. Ma quali sono le novità del discorso di Hu Jintao? Benedetta Capelli
lo ha chiesto a Francesco Sisci, corrispondente da Pechino per il Sole 24 Ore:
R. – Questo
è stato un discorso, in realtà, di chiusura dei dieci anni. Per il discorso di apertura,
nei prossimi dieci anni, dovremo aspettare l’intervento del prossimo segretario generale,
che sarà eletto alla fine del Congresso, e sarà Xi Jinping. L’apertura fatta da Hu
Jintao, in realtà, ha come centro la questione dello sviluppo. Lo sviluppo economico
è il punto centrale dell’economia e della politica cinese per i prossimi dieci anni
e la Cina si ripromette che, da qui al 2022, il prodotto interno lordo nazionale sarà
raddoppiato.
D. – Hu Jintao ha puntato molto l’accento sulla corruzione e ha
invitato all’autodisciplina. Dichiarazioni che sono arrivate dopo lo scandalo di Bo
Xilai, uomo di punta del partito, ma anche dopo alcuni articoli americani riguardanti
i patrimoni nascosti della dirigenza cinese. Un messaggio rivolto a chi?
R.
– Non è un messaggio particolare contro una persona specifica, ma credo sia un messaggio
generale contro un’abitudine, in qualche modo, diffusa e pervasiva nel Paese: la questione
della corruzione o, ancora peggio, dell’uso privato di poteri, dell’uso inappropriato
del potere, dell’uso non regolato del potere. Sono tutte questioni aperte per il partito
comunista. Negli ultimi venti anni, il divario sociale è estremamente aumentato, allora
tutti erano poveri allo stesso modo, oggi c’è gente molto ricca e gente che magari
sta meglio, ma in condizioni molto diverse di quelle del suo compagno di classe di
tanto tempo fa.
D. – “La Cina non copierà mai un sistema politico occidentale”:
ha detto Hu Jintao, ma questo nuovo sistema cinese quale sarebbe?
R. – Anche
questa è una dichiarazione di quelle che vanno lette con grande attenzione. “La Cina
non diventerà mai un Paese occidentale”: questa è un’ovvietà però dietro questa ovvietà
che cosa si nasconde? Si nasconde una progressione, una trasformazione in corso. E’
come dire che la Cina ha bisogno di apprendere, di imparare dalle esperienze internazionali.
Dobbiamo poi vedere cosa succederà di concreto, in pratica.
D. – Ci sono stati
anche riferimenti alla politica estera, in particolar modo al contenzioso con il Giappone
e poi anche a Taiwan. Anche qui non ci sono grossi elementi di novità?
R. –
No, però, in particolare sulla questione di Taiwan bisogna dire che ci sono stati
toni rassicuranti e Hu Jintao ha sottolineato i progressi raggiunti e il fatto che
ormai la distanza con Taiwan - che era poi primo punto di tensione, sia per la Cina
sia per la regione - sia ormai veramente sotto controllo. La prospettiva di una riunificazione
con Taiwan non è più così distante come poteva esserlo anche semplicemente cinque
o dieci anni fa.
D. – Cosa attendersi, dunque, da questo Congresso?
R.
– La cosa più importante che dovrebbe uscire da questo Congresso è una qualche linea
un po’ più chiara sulle riforme politiche. Dobbiamo anche pensare che le riforme economiche
che hanno stravolto e cambiato radicalmente la Cina, negli ultimi 30 anni, sono cominciate
sottovoce. In realtà, le riforme hanno poi trasformato la Cina e il mondo, perché
la crescita della Cina ha trainato la crescita del resto dell’Asia, dell’Africa e
dell’America Latina. Pur con tutte le prudenze del caso, potremmo veramente pensare
che se un annuncio di riforma politica avverrà alla fine di questo Congresso, questo
annuncio potrebbe effettivamente aprire la porta a cambiamenti molto importanti.