Barack Obama si è riconfermato
Presidente degli Stati Uniti. Di fronte ad un'America divisa - il Congresso è spaccato
in due - ad una economia in crisi, ai livelli preoccupanti di disoccupazione, il
capo della Casa Bianca rassicura: "Sappiamo che il meglio deve ancora venire".
Congratulazioni dai capi di Stato di tutto mondo. Nelle parole di augurio di Papa
Benedetto XVI l'auspicio che gli ideali di libertà e giustizia continuino a
risplendere negli Usa. A commentare ai nostri microfoni il voto americano da
New York, Flavio Pompetti (Il Messaggero): "I repubblicani hanno perso laddove
hanno presentato candidati troppo radicali. Ora Obama si rende conto che il Paese
ha bisogno di un 'reset'". Ferdinando Fasce (Università di Genova): "A spostare
l'ago della bilancia verso il leader democratico è stato il nuovo elettorato del partito
composto da giovani, donne, immigrati. Ma il compito di risollevare gli Usa adesso
per lui è molto arduo". Sottolineando lo stile di responsabilità che entrambi i candidati
hanno mostrato subito dopo i risultati e il comune impegno a operare per l'unità della
nazione, Alessandro Gisotti (Radio Vaticana) spiega che "proprio questo elettorato
di latinos sarà una buona base per il futuro" e, sul fronte della politica
estera, accoglie con curiosità la notizia del viaggio di Obama in programma a metà
novembre in Birmania: "è sintomatico del fatto che molto bolle in pentola". "E' un
inizio baldanzoso questo - commenta Mattia Diletti (La Sapienza) - anche perché
sul piano internazionale ci sono files ancora aperti tra cui, oltre alla trama complessa
mediorientale, anche le crisi in Asia che coinvolgono Cina, Giappone, Nord Corea".
"Adesso si pone la questione dell'accettazione da parte degli Stati Uniti dei propri
limiti - rincara Fasce - si tratta di una questione non solo geopolitica, ma culturale,
psicologica. Il secolo americano è finito". (a cura di Antonella Palermo e Alessandro
Gisotti)