Cei e Confesercenti unite: stop all'apertura domenicale dei negozi
Uno stop all’apertura domenicale dei negozi. Lo hanno chiesto Confesercenti e Conferenza
Episcopale Italiana, lanciando la campagna “Libera la domenica”, per chiedere l’abolizione
dell’apertura degli esercizi commerciali introdotta dal decreto ‘Salva-Italia’ meno
di un anno fa. Domenica 25 novembre si darà il via, sui sagrati delle chiese italiane,
alla raccolta di firme da inviare in Parlamento. Le domeniche aperte, denuncia Marco
Venturi, presidente di Confesercenti, non hanno incentivato i consumi, inoltre hanno
favorito la grande distribuzione penalizzando gli esercizi piccoli e medi. In questo
modo, denuncia mons.GiancarloBregantini, presidente della Commissione
Cei per i problemi sociali e il lavoro, un’intera dimensione antropologica e sociale
viene ad essere compromessa. FrancescaSabatinelli lo ha intervistato:
R. – La domenica
è un giorno da rispettare nel riposo. Dopo la petizione popolare si potrà pensare
di chiudere la legge statale delle liberalizzazioni estreme e di riprendere la legge
che regolamenta l’apertura domenicale in base alle esigenze territoriali di ogni regione.
Questo è il nocciolo. Noi non vogliamo combattere battaglie estreme, o tutto aperto
o tutto chiuso, ma diciamo che Dio ci ha fatti per il riposo e che la domenica, così
come il ferroviere lavora, come l’altoforno è aperto, come l’ospedale funziona, se
c’è bisogno anche il negozio può essere aperto.
D. – Ma quali sono le ragioni
di questa battaglia?
R. – Prima di tutto la necessità che ogni uomo abbia il
riposo. Come dice la Bibbia: “Dio il settimo giorno si riposò”. Secondo: la famiglia.
E’ tristissimo che una mamma che fa la commessa senta dire dal suo bambino: “Mamma,
anche oggi te ne vai? E’ l’unico giorno che sono a casa!”. E’ necessario poi dire
che l’economia non ha avuto alcun vantaggio, anzi, tenere aperto la domenica di fatto
costituisce per i negozianti una perdita, specie per i piccoli negozianti. Terzo,
c’è un discorso etico: una libertà senza verità, senza uno scopo, è un capriccio.
Dietro c’è una grande battaglia ideologica, valoriale: Dio ci ha fatti per il riposo.
La famiglia in primo luogo, il cuore dell’uomo, è la sede in cui Dio trova pace se
l’uomo trova pace con se stesso e con la sua famiglia e gode del suo lavoro.
D.
– Gli orientamenti dei commercianti quali sono? Ad esempio di coloro che non sono
di religione cristiana…
R. – Le comunità ebraiche, e anche quelle islamiche,
sono pienamente d’accordo con noi. Un mese fa, nella conferenza preparatoria, accanto
a me avevo i rappresentanti della comunità ebraica di Roma. Anch’essi sentono che
quel giorno è il giorno del riposo, è il sabato, come vuole Dio nella Parola del Signore.
D. – Lei ha sottolineato la possibilità di apertura domenicale dei negozi
in caso di necessità. Che cosa s’intende?
R. – Si intende ad esempio quando
una regione riconosce che quella zona è a forte presenza turistica, oppure se si
è nel periodo natalizio, o nel periodo di Ferragosto. Ci sono dei criteri per le eccezioni
e dove normalmente è chiuso si può aprire, in base alle situazioni.
D. – Il
cardinale Schoenborn, arcivescovo di Vienna, e presidente della Conferenza episcopale
austriaca, ieri ha sollevato proprio questa questione: i vescovi austriaci sottolineano
come i cristiani chiedano la domenica libera dal lavoro. E’ quindi una tendenza a
livello europeo?
R. – Sì, per varie ragioni. Nella Conferenza episcopale di
maggio, il vescovo svizzero, rappresentante di quella Conferenza episcopale, ha fatto
arrossire tutti noi vescovi italiani quando ha detto: “Guardate che in Svizzera e
in Germania i negozi sono chiusi”. Allora, visto che noi guardiamo allo spread, alle
varie realtà in Germania, e le prendiamo come modello, anche in questo caso potremmo
prendere questo aspetto come un modello positivo. Inoltre il Sinodo ha ribadito nelle
sue Proposizioni questa necessità. Questo richiamo di Schoenborn ci fa un immenso
piacere. Ormai siamo in sintonia, perché molti negozi, per esempio nel Nord Italia,
cominciano a chiudere. Ci si rende conto che è un danno per la persona, per la famiglia
e per la società. La dignità di ogni persona è praticamente garantita dalla dignità
della domenica.