2012-11-06 08:04:14

Violenze in Siria: solo ieri oltre 200 morti. A Doha opposizione al lavoro per l’unità


Ancora altissimo il livello delle violenze in Siria. Anche ieri attacchi e contrattacchi tra esercito e miliziani. Teatro degli scontri, Damasco e altre città con oltre 200 vittime. Intanto le varie anime dell’opposizione al presidente Assad sono riunite a Doha, in Qatar, per cercare di compattarsi. Il servizio è di Marina Calculli:RealAudioMP3

Un bilancio di oltre 200 morti ha segnato ieri una delle giornate più violente dall’inizio della guerra civile. Un attentato kamikaze nella provincia di Hama ha provocato la morte di una cinquantina di soldati. L’atto è stato rivendicato dal fronte al-Nousra, un gruppo islamista radicale basato nel nord. A Damasco un’altra esplosione ha ucciso 11 persone nel quartiere residenziale di Mazzè. L’esercito dal canto suo continua a bombardare alcuni sobborghi della capitale e la regione di Idlib, ormai controllata dai ribelli. E inoltre nella zona del Golan al confine con Israele colpi d’arma da fuoco hanno addirittura raggiunto un veicolo dell’esercito israeliano. Mentre la Siria si appresta ad entrare nel suo secondo inverno di guerra civile, gli occhi del mondo in questi giorni sono però concentrati su Doha, dove l’opposizione cerca di unificare le sue diverse correnti. Il difficile obiettivo è quello di superare il Consiglio Nazionale siriano, il primo organo politico formatosi oltre un anno fa che tuttavia fatica ad trovare legittimità. La proposta più convincente per ora sembra quella di uno storico oppositore del regime, Riad Seif: l’ipotesi è quella di formare una assemblea che rappresenti le zone dichiarate “liberate” dalle forze rivoluzionarie.

E intanto Israele guarda con preoccupazione all’evoluzione della crisi siriana, soprattutto lo sconfinamento del conflitto nel Golan. Sull’atteggiamento di Israele, già preoccupato per il nucleare iraniano, Giancarlo La Vella ha intervistato Antonio Ferrari, analista ed esperto di Medio Oriente del Corriere della Sera:RealAudioMP3

R. – E’ evidente che la Siria non è slegata dal problema iraniano, anzi in qualche misura per Israele ne è complementare. Se noi aggiungiamo, oltre al problema iraniano con il nucleare, la crisi Siria con l’instabilità cronica, si può capire che la preoccupazione di Israele sia giustificata. Dall’altra parte, poi, c’è il tentativo di Netanyahu e del governo di destra, che guida lo Stato di Israele, di alimentare l’incubo di avere una situazione precaria ai propri confini, con la necessità di pensare di ottenere un nuovo mandato: Netanyahu tenta di amplificare, anche oltre misura, quelle che sono le minacce esterne per Israele, per poter sperare di avere una riconferma.

D. – E’ una presa di posizione, questa di Israele, dovuta anche al fatto che gli Stati Uniti in questo momento sono impegnati sulla campagna elettorale, come pure su altri problemi, e si stanno occupando poco della questione mediorientale...

R. – Io credo di sì. Tutto è collegato: è chiaro che gli Stati Uniti, in questo momento, hanno altro a cui pensare che al Medio Oriente: tutto è concentrato su chi sarà il nuovo presidente. Quindi, Israele deve tener conto di questo e può anche darsi che queste decisioni militar-politiche, prese da Netanyahu, siano proprio legate a queste incertezze.







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