Stati Uniti al voto: Obama e Romney alla sfida del cambiamento
Negli Stati Uniti è il giorno delle elezioni presidenziali. Gli ultimi sondaggi prima
del voto assegnano un lieve vantaggio di Barack Obama su Mitt Romney, ma molti osservatori
scommettono su un testa a testa. Decisivi saranno gli Stati in bilico, innanzitutto
Ohio, ma anche Florida, Virginia, Colorado e Wisconsin. Intanto, dal New Hampshire
sono arrivati i primi, simbolici, risultati di due villaggi che tradizionalmente votano
poco dopo la mezzanotte. In uno Obama e Romney sono finiti alla pari, nell’altro ha
prevalso il presidente in carica. Il servizio di Alessandro Gisotti:
“Change”, cambiamento:
la campagna elettorale più costosa e tecnologica della storia americana si è conclusa
richiamando lo slogan che aveva portato Barack Obama alla presidenza quattro anni
fa. Nel suo ultimo comizio - tenuto in Iowa dove era iniziata la sua prima corsa verso
la Casa Bianca – Obama ha chiesto la fiducia degli elettori per andare avanti, finire
il lavoro iniziato quattro anni fa e affrontare la crisi economica, vero tema dominante
di queste elezioni in cui oltre al nuovo presidente si vota anche per il rinnovo del
Congresso. Il vessillo del cambiamento, tuttavia, è stato innalzato anche dall’avversario
Mitt Romney che, nel suo comizio conclusivo nel New Hampshire, ha affermato che sarà
lui a portare il vero cambiamento dopo le promesse non mantenute del presidente. La
parola spetta ora agli elettori e uno dei grandi interrogativi di queste elezioni
è proprio il grado di affluenza alle urne. L’astensionismo, ritengono alcuni osservatori,
potrebbe danneggiare Obama che quattro anni fa conquistò la Casa Bianca spinto anche
dal grande entusiasmo dei giovani che si recò alle urne come mai prima. Del resto,
i sondaggi degli ultimi giorni – in particolare dopo l’uragano Sandy – hanno visto
un costante, seppur lieve, vantaggio di Obama su Romney sia a livello nazionale che
negli Stati in bilico.
Per un commento sui temi della campagna elettorale e
la differenza tra queste presidenziali e quelle di quattro anni fa, Alessandro
Gisotti ha intervistato l’editorialista de “La Stampa”, Gianni Riotta:
R. - Questa
è stata un’elezione che gli americani hanno sempre concentrato sull’economia. Non
ha funzionato, per esempio, il tentativo di Obama di fare gran conto dell’avere catturato
e giustiziato Osama Bin Laden; non ha fatto gran conto il tentativo di Romney di dire
che Obama è troppo di sinistra. Questa è un’elezione che gli americani fin dall’inizio
hanno concentrato sul lavoro: sui posti di lavoro che mancano, sul debito pubblico.
Quindi, sono a fuoco su questo. I repubblicani si sono condensati più sul debito pubblico
e Obama si è condensato di più sul lavoro. A guardare il leggero vantaggio che Obama
ha negli Stati della manifattura – per esempio l’Ohio, per esempio il Michigan – questo
vorrebbe dire che forse c’è un vantaggio vero. Gli operai, insomma, stanno votando
Obama.
D. – Quattro anni fa ci fu sicuramente un entusiasmo – se vogliamo
anche travolgente – per quella che è stata la partecipazione al voto. Quest’anno,
decisamente più pragmatica nei temi, la campagna elettorale è meno entusiasmante.
Questo potrà ripercuotersi anche nella partecipazione alle urne?
R. – Vedremo.
Stiamo a vedere cosa sta succedendo in alcune zone, colpite dall’uragano Sandy. Ci
sono stati problemi già in Florida, dove il voto anticipato è stato contestato in
alcune zone di Miami, le stesse zone dei grandi problemi tra Bush e Gore nel 2000.
Sicuramente ci sarà una buona partecipazione, ma sicuramente non c’è quell’entusiasmo
per Obama, che c’era nel 2008, perché il presidente ha deluso molto e non è stato
un grande leader, capace di unire il Paese. Forse ormai è impossibile unire l’America,
come ai tempi di una volta, però certamente lui non c’è riuscito.
D. – In questa
campagna elettorale è quasi completamente assente la politica estera e completamente
assente l’Europa...
R. – Un mio amico, per scherzo - quando nel dibattito di
politica internazionale tra Obama e Romney non è stata mai menzionata l’Europa, neanche
una volta, e solo una volta Romney ha parlato della Grecia - ha detto: “Non te la
prendere, in fondo è meglio perché ‘Europa’ durante le primarie era un insulto e Romney
diceva che Obama voleva ridurre l’America come l’Europa”. Credo che questo dipenda
un poco dall’America, che sta guardando molto al Pacifico, mentre noi europei siamo
molto concentrati sulla nostra crisi, sul debito europeo. Quindi, questo fa sì che
non ci sia grande attenzione americana verso gli europei, anche se il presidente Obama
spera che la ripresa europea aiuti la ripresa americana.
D. – Ora le presidenziali
americane e subito dopo elezioni importanti in Cina. Questo anche colpisce. Ovviamente
è un caso, però è un caso che fa pensare...
R. – Sì, questo dovrebbe fare riflettere
moltissimi amici, perché quelle americane sono elezioni aperte a tutto il mondo, in
cui ogni candidato è stato rivoltato come un calzino, davanti a milioni e milioni
di ascoltatori, telespettatori, elettori e cittadini, mentre del Congresso cinese
non sappiamo nulla. Sappiamo che ci sono un centinaio di persone che si riuniscono
in una stanza ed eleggono nuovi leader, ma non quale sia il meccanismo che ha eletto
il nuovo leader cinese, Xi Jinping. Insomma, la Cina ha un enorme cammino di trasparenza
da compiere.
E sui temi maggiormente a cuore alla Chiesa cattolica americana,
in questa tornata elettorale, Susy Hodges ha raccolto il commento di Kathy
Saile, direttore dell’Ufficio per lo Sviluppo Sociale della Conferenza episcopale
degli Stati Uniti:
R. – I think
a lot of catholics... Penso che molti cattolici, nelle nostre famiglie e comunità,
siano preoccupati per quanto riguarda il lavoro e l’economia e sono sicura che sia
ancora peggio se ad essere senza lavoro sei tu o uno della tua famiglia. Ma noi abbiamo
anche altre priorità. Prima di tutto c’è il diritto alla vita e la tutela della vita
umana, assicurandone la protezione dal concepimento alla morte naturale. Da questa
nasce poi l’altra nostra priorità: la libertà religiosa. Dobbiamo assicurarci che
nessun governo, che sia locale, statale o federale, possa chiederci di fare cose che
la nostra coscienza ci proibisce di fare. Un’altra questione importante per noi è
quella della famiglia: come tutelare l’unione tra un uomo e una donna per tutta la
vita, che invece viene minacciata semplicemente dal fatto di aver cambiato la definizione
di matrimonio e ancora dalla minaccia economica e finanziaria alla famiglia.
La questione dell’immigrazione continua ad essere una priorità per la Chiesa cattolica
negli Stati Uniti: abbiamo un disperato bisogno di una riforma sull’immigrazione che
sia completa e che si focalizzi sul tenere insieme le famiglie, riconoscendo la dignità
di tutte le persone e di tutti i lavoratori. Infine, naturalmente, il tema della giustizia
economica.