Oggi le presidenziali negli Usa: confronto all'ultimo voto tra Obama e Romney
Negli Stati Uniti rush finale nella corsa alla Casa Bianca. Questa notte sapremo chi,
tra il presidente in carica, il democratico Barack Obama, o il candidato repubblicano,
Mitt Romney, guiderà il Paese per i prossimi quattro anni. I sondaggi dell’ultima
ora confermano che sarà un confronto all’ultimo voto. Un’incertezza, dunque, che sarà
sciolta solo all’apertura delle urne. Dagli Stati Uniti, Elena Molinari:
“Noi vogliamo
un’America dove le regole sono uguali per tutti e dove tutti possono avere le stesse
opportunità”, questo l’ultimo appello di Barack Obama agli elettori da un palco in
Iowa, affiancato da Bruce Springsteen, dalla moglie Michelle e da Bill Clinton. Romney
ha invece chiuso l’estenuante anno e mezzo di maratona elettorale in Florida, Virginia,
Ohio e New Hampshire dove ha promesso di far meglio di Obama per sollevare l’economia.
“Non perderò tempo a lamentarmi del mio predecessore – ha detto – ma mi metterò subito
a lavorare”. Intanto il suo vice, il cattolico Paul Ryan, accusava il presidente di
compromettere la libertà di religione con la sua riforma sanitaria e più in generale
di mettere a repentaglio con le sue politiche i valori della tradizione giudaico-cristiana.
I sondaggi mostrano una quasi parità di fatto fra i candidati, con Obama leggermente
in vantaggio negli Stati chiave come l’Ohio, dove sarebbe avanti di 4 punti percentuali.
I primi exit polls del voto di oggi si avranno poco dopo le due di notte di domani,
ora italiana.
Per un commento sui temi della campagna elettorale e la differenza
tra queste presidenziali e quelle di quattro anni fa, Alessandro Gisotti ha
intervistato l’editorialista de “La Stampa”, Gianni Riotta:
R. - Questa
è stata un’elezione che gli americani hanno sempre concentrato sull’economia. Non
ha funzionato, per esempio, il tentativo di Obama di fare gran conto dell’avere catturato
e giustiziato Osama Bin Laden; non ha fatto gran conto il tentativo di Romney di dire
che Obama è troppo di sinistra. Questa è un’elezione che gli americani fin dall’inizio
hanno concentrato sul lavoro: sui posti di lavoro che mancano, sul debito pubblico.
Quindi, sono a fuoco su questo. I repubblicani si sono condensati più sul debito pubblico
e Obama si è condensato di più sul lavoro. A guardare il leggero vantaggio che Obama
ha negli Stati della manifattura – per esempio l’Ohio, per esempio il Michigan – questo
vorrebbe dire che forse c’è un vantaggio vero. Gli operai, insomma, stanno votando
Obama.
D. – Quattro anni fa ci fu sicuramente un entusiasmo – se vogliamo
anche travolgente – per quella che è stata la partecipazione al voto. Quest’anno,
decisamente più pragmatica nei temi, la campagna elettorale è meno entusiasmante.
Questo potrà ripercuotersi anche nella partecipazione alle urne?
R. – Vedremo.
Stiamo a vedere cosa sta succedendo in alcune zone, colpite dall’uragano Sandy. Ci
sono stati problemi già in Florida, dove il voto anticipato è stato contestato in
alcune zone di Miami, le stesse zone dei grandi problemi tra Bush e Gore nel 2000.
Sicuramente ci sarà una buona partecipazione, ma sicuramente non c’è quell’entusiasmo
per Obama, che c’era nel 2008, perché il presidente ha deluso molto e non è stato
un grande leader, capace di unire il Paese. Forse ormai è impossibile unire l’America,
come ai tempi di una volta, però certamente lui non c’è riuscito.
D. – In questa
campagna elettorale è quasi completamente assente la politica estera e completamente
assente l’Europa...
R. – Un mio amico, per scherzo - quando nel dibattito di
politica internazionale tra Obama e Romney non è stata mai menzionata l’Europa, neanche
una volta, e solo una volta Romney ha parlato della Grecia - ha detto: “Non te la
prendere, in fondo è meglio perché ‘Europa’ durante le primarie era un insulto e Romney
diceva che Obama voleva ridurre l’America come l’Europa”. Credo che questo dipenda
un poco dall’America, che sta guardando molto al Pacifico, mentre noi europei siamo
molto concentrati sulla nostra crisi, sul debito europeo. Quindi, questo fa sì che
non ci sia grande attenzione americana verso gli europei, anche se il presidente Obama
spera che la ripresa europea aiuti la ripresa americana.
D. – Ora le presidenziali
americane e subito dopo elezioni importanti in Cina. Questo anche colpisce. Ovviamente
è un caso, però è un caso che fa pensare...
R. – Sì, questo dovrebbe fare riflettere
moltissimi amici, perché quelle americane sono elezioni aperte a tutto il mondo, in
cui ogni candidato è stato rivoltato come un calzino, davanti a milioni e milioni
di ascoltatori, telespettatori, elettori e cittadini, mentre del Congresso cinese
non sappiamo nulla. Sappiamo che ci sono un centinaio di persone che si riuniscono
in una stanza ed eleggono nuovi leader, ma non quale sia il meccanismo che ha eletto
il nuovo leader cinese, Xi Jinping. Insomma, la Cina ha un enorme cammino di trasparenza
da compiere.