Election Day, gli Stati Uniti scelgono tra Obama e Romney
Negli Stati Uniti è il giorno delle elezioni presidenziali. I primi seggi si sono
aperti negli Stati sulla costa orientale. Alle urne si recheranno in 200 milioni di
elettori in tutti gli States che sceglieranno, tra Barack Obama e Mitt Romney, il
nuovo presidente che li guiderà per i prossimi quattro anni. Gli ultimi sondaggi prima
del voto assegnano un lieve vantaggio del presidente in carica. Decisivi saranno gli
Stati in bilico, innanzitutto Ohio, ma anche Florida, Virginia, Colorado e Wisconsin.
Elena Molinari: 00:01:09:62
Finora l’affluenza e’ stata alta,
con lunghe file ai seggi, in particolare negli Stati colpiti da Sandy come New York,
dove gli elettori sono liberi di votare in qualsiasi seggio. E’ previsto che si recheranno
alle urne oltre 200 milioni di americani. Circa il 40 % si e’ in realtà già espresso
nel voto anticipato o per posta, mentre gli altri sono tempestati da telefonate e
volontari che ricordano loro di votare. Dall’affluenza per uno o l’altro candidato
dipenderà infatti l’esito di questa tornata, che i sondaggi anche oggi mostrano statisticamente
alla pari. Per questo il repubblicano Mitt Romney passerà la giornata facendo gli
ultimi comizi in Pennsylvania e in Ohio. Obama è invece già a Chicago, da dove ha
fatto i complimenti all’avversario per l’animata campagna elettorale. Oltre che il
presidente si rinnova anche la Camera e un terzo del Senato. E in alcuni Stati si
vota per alcuni referendum, dalla legalizzazione della marijuana a quella delle nozze
gay a regole più severe per l’aborto in Florida. I primi exit poll di rilievo sono
attesi per l’una di notte italiana con la fondamentale Virginia. All’1,30 sarà la
volta del cruciale Ohio – lo Stato che potrebbe assegnare la vittoria.
Per
un commento sui temi della campagna elettorale e la differenza tra queste presidenziali
e quelle di quattro anni fa, Alessandro Gisotti ha intervistato l’editorialista
de “La Stampa”, Gianni Riotta: 00:02:57:34
R. - Questa è stata
un’elezione che gli americani hanno sempre concentrato sull’economia. Non ha funzionato,
per esempio, il tentativo di Obama di fare gran conto dell’avere catturato e giustiziato
Osama Bin Laden; non ha fatto gran conto il tentativo di Romney di dire che Obama
è troppo di sinistra. Questa è un’elezione che gli americani fin dall’inizio hanno
concentrato sul lavoro: sui posti di lavoro che mancano, sul debito pubblico. Quindi,
sono a fuoco su questo. I repubblicani si sono condensati più sul debito pubblico
e Obama si è condensato di più sul lavoro. A guardare il leggero vantaggio che Obama
ha negli Stati della manifattura – per esempio l’Ohio, per esempio il Michigan – questo
vorrebbe dire che forse c’è un vantaggio vero. Gli operai, insomma, stanno votando
Obama.
D. – Quattro anni fa ci fu sicuramente un entusiasmo – se vogliamo
anche travolgente – per quella che è stata la partecipazione al voto. Quest’anno,
decisamente più pragmatica nei temi, la campagna elettorale è meno entusiasmante.
Questo potrà ripercuotersi anche nella partecipazione alle urne?
R. – Vedremo.
Stiamo a vedere cosa sta succedendo in alcune zone, colpite dall’uragano Sandy. Ci
sono stati problemi già in Florida, dove il voto anticipato è stato contestato in
alcune zone di Miami, le stesse zone dei grandi problemi tra Bush e Gore nel 2000.
Sicuramente ci sarà una buona partecipazione, ma sicuramente non c’è quell’entusiasmo
per Obama, che c’era nel 2008, perché il presidente ha deluso molto e non è stato
un grande leader, capace di unire il Paese. Forse ormai è impossibile unire l’America,
come ai tempi di una volta, però certamente lui non c’è riuscito.
D. – In questa
campagna elettorale è quasi completamente assente la politica estera e completamente
assente l’Europa...
R. – Un mio amico, per scherzo - quando nel dibattito di
politica internazionale tra Obama e Romney non è stata mai menzionata l’Europa, neanche
una volta, e solo una volta Romney ha parlato della Grecia - ha detto: “Non te la
prendere, in fondo è meglio perché ‘Europa’ durante le primarie era un insulto e Romney
diceva che Obama voleva ridurre l’America come l’Europa”. Credo che questo dipenda
un poco dall’America, che sta guardando molto al Pacifico, mentre noi europei siamo
molto concentrati sulla nostra crisi, sul debito europeo. Quindi, questo fa sì che
non ci sia grande attenzione americana verso gli europei, anche se il presidente Obama
spera che la ripresa europea aiuti la ripresa americana.
D. – Ora le presidenziali
americane e subito dopo elezioni importanti in Cina. Questo anche colpisce. Ovviamente
è un caso, però è un caso che fa pensare...
R. – Sì, questo dovrebbe fare riflettere
moltissimi amici, perché quelle americane sono elezioni aperte a tutto il mondo, in
cui ogni candidato è stato rivoltato come un calzino, davanti a milioni e milioni
di ascoltatori, telespettatori, elettori e cittadini, mentre del Congresso cinese
non sappiamo nulla. Sappiamo che ci sono un centinaio di persone che si riuniscono
in una stanza ed eleggono nuovi leader, ma non quale sia il meccanismo che ha eletto
il nuovo leader cinese, Xi Jinping. Insomma, la Cina ha un enorme cammino di trasparenza
da compiere.
E sui temi maggiormente a cuore alla Chiesa cattolica americana,
in questa tornata elettorale, Susy Hodges ha raccolto il commento di Kathy
Saile, direttore dell’Ufficio per lo Sviluppo Sociale della Conferenza episcopale
degli Stati Uniti: 00:01:18:72
R. – I think a lot of catholics... Penso
che molti cattolici, nelle nostre famiglie e comunità, siano preoccupati per quanto
riguarda il lavoro e l’economia e sono sicura che sia ancora peggio se ad essere senza
lavoro sei tu o uno della tua famiglia. Ma noi abbiamo anche altre priorità. Prima
di tutto c’è il diritto alla vita e la tutela della vita umana, assicurandone la protezione
dal concepimento alla morte naturale. Da questa nasce poi l’altra nostra priorità:
la libertà religiosa. Dobbiamo assicurarci che nessun governo, che sia locale, statale
o federale, possa chiederci di fare cose che la nostra coscienza ci proibisce di fare.
Un’altra questione importante per noi è quella della famiglia: come tutelare l’unione
tra un uomo e una donna per tutta la vita, che invece viene minacciata semplicemente
dal fatto di aver cambiato la definizione di matrimonio e ancora dalla minaccia economica
e finanziaria alla famiglia. La questione dell’immigrazione continua ad essere una
priorità per la Chiesa cattolica negli Stati Uniti: abbiamo un disperato bisogno di
una riforma sull’immigrazione che sia completa e che si focalizzi sul tenere insieme
le famiglie, riconoscendo la dignità di tutte le persone e di tutti i lavoratori.
Infine, naturalmente, il tema della giustizia economica.