Libia: manifestazione a Bengasi per l'autonomia della Cirenaica
Nuova giornata di proteste a Bengasi, nella Libia orientale. Circa un migliaio di
sostenitori del federalismo sono scesi in piazza per chiedere maggiore autonomia per
la Cirenaica, regione ricca di petrolio e culla della rivolta dello scorso anno contro
Muammar Gheddafi. I dimostranti vogliono di fatto il ritorno alla Costituzione del
1951, in base alla quale la Libia era divisa in tre regioni: est, ovest e sud. Ma
la voce dei manifestanti sarà ascoltata? Benedetta Capelli ha girato la domanda
ad Arturo Varvelli, ricercatore dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale
ed esperto di questioni libiche:
R. – E’ difficile
capire adesso quali siano i rapporti di forza. Io penso che chi ha protestato non
voglia cercare per forza l’indipendenza ma un certo grado di autonomia. Infatti, ho
visto che erano espliciti i richiami alla vecchia Costituzione, quella del regime
di Abdallah Senussi. Già allora il rapporto tra le varie regioni e l’autorità centrale
fallì e fu molto difficoltoso. La Cirenaica è una regione molto ricca di risorse,
soprattutto quelle petrolifere, e si creerebbe un rapporto un po' conflittuale con
l’autorità centrale. I meccanismi dello Stato sono molto difficili e delicati soprattutto,
oggi, perché non esiste un’autorità centrale forte ed ancora riconosciuta da tutti:
vediamo il caso delle milizie, le richieste di autonomia, i localismi che stanno prevalendo
e soprattutto l’autorità centrale che non ha ancora il monopolio dell’uso della forza.
E’ difficile che su queste basi si possano instaurare rapporti delicati che riguardano,
ad esempio, il federalismo.
D. – Eventualmente, secondo lei si potrebbe innescare
un effetto domino, in altre regioni della Libia?
R. – Per adesso si è parlato
poco del Fezzan, la regione a Sud, che tutto sommato non è affatto sotto controllo
dell’autorità di Tripoli. Il governo, in questo momento, rischia di governare su Tripoli,
sulla Tripolitania e poco più. Il vero rischio è che noi abbiamo costituito e aiutato
un governo che, in parte, è molto più legittimo naturalmente di quelli del passato,
anche rispetto al Consiglio nazionale transitorio che ha governato fino ad agosto.
Il problema è che il governo centrale non è riconosciuto come legittimo da parte di
tutta la popolazione e si pongono così continue sfide che, di fatto, mettono sempre
in pericolo la stabilizzazione del Paese.
D. – In che modo questa domanda di
autonomia potrà pesare proprio sul nuovo esecutivo nato con grandissime difficoltà?
R.
– Sicuramente potrà pesare. I candidati indipendenti, che sono 120 su 200, sono quelli
più sensibili alle richieste che provengono dalle aree regionali e locali della Libia.
Quindi, io penso che sicuramente peserà, come ha pesato nella costituzione del governo.
Abbiamo visto manifestazioni da parte dei rivoltosi o ex rivoltosi ed ex ribelli contro
alcuni di questi personaggi che sono stati ora nominati ministri, perché risultano
legati al regime passato. Però, d'altronde, solamente alcune persone che hanno governato
in passato - seppur con ruoli più defilati – hanno idea di che cosa sia gestire un
Paese. Quindi, questo rapporto molto difficile tra periferia e centro in Libia ce
lo porteremo avanti ancora per diversi mesi, secondo me.