Elezioni in Sicilia. Il cardinale Romeo contro l'astensionismo
Sempre acceso il dibattito politico in Italia dopo le elezioni di domenica scorsa
in Sicilia che hanno visto il successo di Rosario Crocetta appoggiato da Pd e Udc
e l’affermazione del Movimento 5 Stelle. Ma per il cardinale arcivescovo di Palermo,
Paolo Romeo, l’alto astensionismo, oltre il 50%, mette a rischio la democrazia.
Federico Piana lo ha intervistato:
R. – L’astensionismo
che si è registrato qui in Sicilia è un fenomeno altamente preoccupante, perché noi
non dobbiamo dimenticare che i nostri padri per darci una democrazia, per dare una
libertà, per dare voce al popolo, hanno sacrificato la loro vita. Noi non possiamo,
quindi, chiuderci nelle nostre case e guardare dalla finestra quello che succede nel
nostro territorio, se il territorio ci appartiene: perché noi siamo parte del territorio.
Trovo quindi che sia un tradimento dei sacrifici dei nostri padri il voler pensare
“Sì, ho un giocattolo che è la democrazia: se ci voglio giocare, ci gioco, ma se non
ci voglio giocare, non ci gioco”. Noi saremo governati con il 10 per cento del potenziale
elettorato! In un momento di crisi così grave, credo che sia impensabile poter governare
con il 10 per cento.
D. – La politica siciliana, in questo caso, ha delle
colpe?
R. – Ho voluto portare l’esempio di quello che è avvenuto 60-70 anni
fa nella nostra patria: per ridare libertà e per dare il futuro nelle mani del popolo,
evitando populismi ed evitando imposizioni, sono morti a migliaia. Ora noi non siamo
neppure capaci di sacrificarci civilmente, non c’è certo il rischio di essere ammazzati…
C’è invece il dovere di pagare di persona; di essere testimoni della lealtà, dell’impegno.
Altrimenti questa catena non si spezzerà mai! Come la si spezza? Con una dittatura,
interrompendo un iter costituzionale? E’ impensabile: faremmo errori peggiori! Significherebbe
non aver imparato niente dalla storia: astenendosi significa non soltanto non averlo
imparato, ma anche tradire i sacrifici.
D. – Se potesse fare un appello alla
politica siciliana, che appello farebbe?
R. – Ognuno deve fare il proprio dovere
e il proprio dovere non è quello di forzare la legge per avere cinque consulenti in
un assessorato, ma è quello di mettere a frutto le energie che ci sono già all’interno.
Ancora ieri sera sentivo che ci sono 1.200 dirigenti: ma com’è possibile? Dirigente
di che cosa? Di un ufficio dove si è dirigenti e dove non si hanno collaboratori…
Tutti aspirano ad essere dirigenti e questo è il problema!