2012-10-31 12:15:55

Dieci anni fa la tragedia di San Giuliano di Puglia. Mons. De Luca: ferite non guarite


“Ricostruire la speranza” è il nome dell’iniziativa promossa dalla diocesi di Termoli-Larino per ricordare il terremoto che il 31 ottobre di 10 anni fa colpì il Molise e parte della Puglia. Il tributo più pesante però lo pagò il piccolo paese di San Giuliano di Puglia, in provincia di Campobasso, dove la scuola “Francesco Iovine” crollò causando la morte di 27 bambini e della loro maestra. I rintocchi della “Campana degli Angeli” oggi hanno voluto ricordare quel momento tragico. Il servizio di Benedetta Capelli:RealAudioMP3

Le grida di chi scappa, di chi vuole mettersi in salvo, le grida di chi ha paura e di chi improvvisamente capisce che i propri figli sono in pericolo. Il terremoto non è solo intorno ma è dentro ognuno, è nei pensieri angosciosi che si spengono dinanzi alla verità terribile. Sono le 11.32 la terra trema a Colletorto, Bonefro, Castellino del Biferno, Provvidenti ma soprattutto a San Giuliano di Puglia, qui trema la scuola ampliata solo 55 giorni prima. Ventisette i bimbi morti insieme alla loro maestra. La notizia immediatamente fa il giro del mondo.

La scuola è l’unico edificio a crollare in tutto il Paese, l’ex procuratore capo di Larino parlò allora di una struttura che “terremoto o no sarebbe crollata comunque anche sotto il peso di una coltre di neve”. Antonio Morelli, presidente del Comitato Vittime San Giuliano di Puglia:

"Non è il terremoto che ha devastato la nostra esistenza, la nostra vita. E’ stato l’uomo, l’ingordigia dell’uomo, la distrazione dell’uomo. Quindi quei 27 bambini e la loro maestra ce l’hanno sulla coscienza gli uomini, che sono i costruttori, i tecnici e gli ex amministratori".

Tutti sono stati condannati in Cassazione con pene che arrivano fino a 5 anni. Un gesto di giustizia per Antonio Morelli che oltre ad essere il presidente del comitato è stato padre di Morena, morta anche lei nel crollo della scuola a soli 6 anni:

"Io difficilmente parlo di mia figlia, perché ho un ricordo mio personale, che porto sempre con me: mia figlia, come del resto tutti i 27 bambini, la sento vicino; sono e vivono con noi e accanto a noi. In questi drammatici e tristi anni ci hanno dato la forza per continuare ad andare avanti; ci hanno dato la forza per cercare di costruire - senza dimenticare il passato - un futuro migliore: un futuro migliore per i ragazzi che sono rimasti a San Giuliano, che sono sopravvissuti. Specialmente credo che sia anche un messaggio di speranza per i tanti ragazzi che frequentano le scuole e che devono avere il diritto di andare in una scuola sicura. Quel giorno per me è vivo come fosse il primo giorno! Nonostante i dieci anni che sono trascorsi".

“Angelo, leva un poco la copertina a zio….

Mamma, il braccio…

Lo so, a zio, ti fa male, lo so… (Applausi)”

"I ragazzi sopravvissuti cercano di rimuovere quel giorno e chi ha vissuto quel trauma, per chi è stato sotto quelle macerie di una scuola assassina non è facile raccontare quei momenti, nel buio, senza la luce…. Erano ragazzi… Con la polvere che ti toglie il respiro… E’ ovvio, è umano che questi ragazzi vogliono guardare al futuro!".

A soli tre giorni dal terremoto, tutta San Giuliano di Puglia si raccolse in preghiera per salutare i propri piccoli. Alle esequie partecipò anche l’allora presidente della Repubblica Ciampi e giunse il messaggio di paterna vicinanza di Giovanni Paolo II; un messaggio di affidamento di quelle giovani vite e di serenità per “la diletta comunità di San Giuliano”. A celebrare i funerali mons. Tommaso Valentinetti, allora vescovo della diocesi di Termoli-Larino:

"Dico sempre che quello fu il funerale più difficile che ho dovuto celebrare nella mia vita e spero di non doverne celebrare altri identici a quelli. Fummo veramente presi dell’emozione nel vedere queste 27 bare, tutte bianche, davanti a noi… Soffrire con loro e sentire di essere partecipi di una sofferenza intima profonda, specialmente quando quella mamma venne perché si facesse di tutto per non dimenticare gli angeli di San Giuliano:

'A nome di tutte voi, di tutti i papà, affidiamo al Signore questi nostri angeli: gli angeli di San Giuliano. A tutti chiedo una sola cosa, che le nostre scuole siano più sicure. Non voglio assolutamente che nessuna mamma e nessun papà, nessuno pianga più i suoi figli'”.

Tanto dolore quindi rimasto nel cuore di una comunità costretta anche a fare i conti con la giustizia. Famiglie con il pensiero ai bambini persi e alle responsabilità da assumersi. Ferite che ancora oggi – dice mons. Gianfranco De Luca, vescovo della diocesi di Termoli-Larino – non si ricompongono:

"Le ferite nel cuore delle persone, delle famiglie, soprattutto a San Giuliano, non sono completamente guarite. Forse sono ancora delle prigioni, dove il dolore ha ancora quella capacità di imprigionare e non di mettere in relazione. Quindi c’è ancora questa fatica… Sicuramente il dramma è stato violento, inatteso; anche il discorso giudiziario non ha rasserenato. Le ferite rimangono forti e non è facile, dunque, riattivare un percorso di guarigione interiore. Ancora prevale nella stragrande maggioranza un po’ questo senso di chiusura, che poi - a volte - diventa anche aggressione, risentimento. Quello che mi fa sperare è che qualcuno è andato al di là, ha stabilito relazioni nuove con la propria vita e con le persone che gli stanno accanto. Se questo è possibile, allora è possibile per tutti. Dall’altra parte c’è anche l’impegno della Chiesa sul posto, di questa vicinanza, di questa prossimità, ma anche di una proposta chiara della fede".

Speranza è la parola chiave di oggi. “Ricostruire la speranza” è il nome dell’iniziativa promossa dalla diocesi locale per accendere ancora una luce su quanto accadde dieci anni fa. Speranza anche per chi, a distanza di tanto tempo, vive ancora in alloggi di prima emergenza, lontano dai riflettori e facendo i conti con le difficoltà. Cosa resta allora dieci anni dopo? Mons. Tommaso Valentinetti:

"Io spero che resti il cuore buono e il cuore fedele, soprattutto il cuore pacificato, e che si guardi a questi bambini morti con la fiducia che essi possano essere nel Regno dei Cieli".







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