Sinodo: anche oggi l'annuncio del Vangelo ha bisogno della bellezza dell'arte
La bellezza è una dimensione speciale della nuova evangelizzazione: è quanto si legge
nelle Proposizioni finali del Sinodo, che invitano la Chiesa ad essere presente in
tutti i campi dell’arte per supportare spiritualmente la creatività degli artisti.
Al microfono di Paolo Ondarza, ascoltiamo il prof. Rodolfo Papa, presente
al Sinodo in veste di esperto e docente di Storia dell’arte presso la Pontificia Università
Urbaniana:
R. – Noi abbiamo
come compito una rieducazione alla bellezza, perché la via della bellezza – la via
pulchritudinis – è una strada maestra, non secondaria. Poi, abbiamo il problema interno
all’arte, che deve riacquisire il concetto di bellezza per poter essere capace di
esprimere il volto di Dio.
D. – In passato, l’arte è stata veicolo di trasmissione
della fede: pensiamo alle epoche in cui era diffuso l’analfabetismo e la gente non
sapeva leggere. Oggi, questa missione dell’arte veicolo della fede è ancora attuale?
R.
– L’analfabetismo antico si verificava all’interno di una popolazione che non sapeva
né leggere né scrivere, ma che conosceva molto bene le basi del Catechismo. Noi oggi,
invece, abbiamo l’alfabetizzazione, sappiamo leggere i giornali, ma non conosciamo
la dottrina della Chiesa. Tanto più oggi, nella civiltà delle immagini, c’è bisogno
di proporre immagini che veicolino alla gente i contenuti della fede.
D. –
Molto spesso, oggi, l’arte è autoreferenziale: per capirla occorre entrare nel mondo
psichico dell’artista. Forse si è perso qualcosa di quella semplicità dell’arte, intesa
come veicolo di un messaggio oggettivamente chiaro e intellegibile da tutti?
R.
– Una serie di teorie dell’arte, che hanno costituito movimenti della modernità e
della post-modernità, pongono il soggetto operante al centro dell’opera artistica.
Quindi io, artista, esprimo me stesso. Invece, nella tradizione della Chiesa, l’artista
è servo della sana dottrina. Quindi, se l’artista non mette al primo posto Cristo,
se non mette al primo posto il Vangelo, se non si mette a servizio di Cristo e della
Chiesa e pone invece solo se stesso come centro della rappresentazione artistica o
addirittura dell’espressione artistica, di fatto non crea un’arte universale, cioè
comprensibile da tutti, ma crea un’arte esoterica, comprensibile da sé e da pochi
altri. L’arte sacra deve fare esattamente l’opposto: l’artista non sta al centro,
l’artista sta di lato. Si fa piccolo, come nelle rappresentazioni medievali, rispetto
alla figura gigantesca che è Cristo.
D. – L’arte è dunque un servizio alla
Verità. Potrebbe essere questo un concetto su cui riflettere all’inizio di quest’Anno
della Fede?
R. – Sì, credo che sia nelle intenzioni di tutti che l’Anno della
Fede sia un anno dedicato all’esaltazione della Verità che è Cristo. Il compito dell’artista
è un compito quasi “sacerdotale”, cioè quello di custode della bellezza, e quindi
per certi versi è il custode della verità. Per questo, si richiede a un artista veramente
cristiano di avere anche una formazione teologica compiuta. In questo modo, si riesce
a svolgere un servizio veramente molto alto: l’arte diviene formativa: in primis per
l’artista e in seconda battuta per il popolo, che attraverso un’opera riesce a contemplare
verità di fede, ma anche la Verità in sé, cioè il Volto di Cristo.