Il 25 ottobre di 5 anni fa moriva lo storico Pietro Scoppola, uno intellettuali di
area cattolica più importanti del secondo dopoguerra. Professore di storia contemporanea
all’Università La Sapienza di Roma, focalizzò i suoi studi soprattutto sulla storia
della Chiesa e sui rapporti tra Chiesa e Stato, sulla figura di De Gasperi, fino alla
storia della democrazia in Italia e dei partiti. Negli ultimi tempi, Scoppola esprimeva
amarezza per la degenerazione della politica. Quale la sua lettura degli anni più
recenti? Adriana Masotti lo ha chiesto a Agostino Giovagnoli, ordinario
di Storia contemporanea all’Università Cattolica di Milano e suo ex allievo:
R. - Pietro
Scoppola ha vissuto, prima ancora che pensato e scritto, intorno al problema del rapporto
fra Chiesa e democrazia. Ha creduto che questo rapporto fosse fondamentale per entrambe.
Naturalmente, questo implica una visione della storia molto diversa da quella che
poi i fatti degli ultimi anni della sua vita hanno mostrato, anni in cui invece la
politica ha sembrato perdere sempre di più il riferimento a un’ispirazione cristiana,
a valori più profondi, e semmai la politica italiana ha cercato specialmente un rapporto
strumentale nei confronti della Chiesa, che però è tutta un’altra cosa.
D.
- Scoppola aveva fatto della Costituzione il suo punto di riferimento fondamentale.
C’era di che preoccuparsi, secondo lui, negli ultimi tempi per un qualche appannamento
dei valori costituzionali?
R. - Scoppola si è sentito molto estraneo a quella
vicenda che è iniziata in Italia nel 1994 con la cosiddetta "Seconda Repubblica".
Si è sentito molto estraneo a una politica che non aveva più la Costituzione come
orizzonte e che, anzi, spesso l’ha anche disattesa se non contraddetta. La Costituzione
infatti è qualcosa di molto diverso: è proprio una proiezione in avanti che non solo
fissa i cardini, i fondamenti della vita politica e istituzionale, ma in qualche modo
dà anche una prospettiva della promozione degli ultimi, della pace, della solidarietà
e prima di tutto del rispetto della persona. Principi, questi, che sono profondamente
iscritti nella Costituzione italiana e che la politica italiana dopo il ’94 ha certamente
perso di vista.