Tommaso Spinelli, il più giovane dei partecipanti al Sinodo: ritrovare l'entusiasmo
della fede
La competenza della catechesi passerà al Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione.
L’annuncio, dato questa mattina dal Papa al Sinodo, evidenzia l’attenzione data dalla
Chiesa alla trasmissione della fede. Più volte nei giorni scorsi è stata espressa
l’esigenza di nuovi annunciatori del Vangelo che sappiano comunicare al mondo la
bellezza di essere cristiani. Una testimonianza in tal senso è stata offerta in Aula
dal più giovane dei partecipanti, l’uditore Tommaso Spinelli: 23 anni, romano,
è catechista di giovani catecumeni. Paolo Ondarza gli ha chiesto chi sono queste
persone che in età adulta chiedono di ricevere il Battesimo:
R. - Il 50 per
cento sono italiani e la cosa bella è che sono persone anche di elevato livello culturale
che inizialmente erano rimaste fuori dalla fede, magari perché i genitori erano vissuti
nell’età della contestazione e avevano deciso di non battezzare i figli. Queste persone,
a volte attraverso i loro studi scoprono la bellezza della fede e si chiedono: “ma
perché non ho ricevuto il Battesimo?”. A quel punto si rivolgono alla Chiesa e fanno
richiesta del Sacramento. L’altro 50 per cento è costituito da persone provenienti
dall’estero e la cosa bella è che spesso si verifica un bellissimo scambio: abbiamo,
per esempio, badanti che stando al fianco di persone anziane con una fede molto forte
e attraverso loro scoprono la bellezza di questa fede. Alcune di queste donne provengono
dai Paesi dell’ex-Unione Sovietica dove la fede era stata proibita, però il seme del
cristianesimo c’era e, nel momento in cui vivono la libertà, germoglia in loro con
tutta la sua forza. In queste persone riscontriamo un entusiasmo nella fede che magari
ci fosse altrove!
D. - Per quanto riguarda persone che appartengono di più
al tuo contesto, quindi all’Italia, a Roma, e che decidono di iniziare un cammino
di conversione al cristianesimo: innanzitutto cosa cercano?
R. - Queste persone
arrivano da noi affamate di verità e di eternità. Questa è la cosa più bella che trovano
in Cristo. Io credo che la cosa più grave che sta facendo la nostra società sia quella
di privare i ragazzi di un’aspettativa verso qualcosa di eterno.
D. - Per
te cosa vuol dire evangelizzare?
R. - Credo che prima di tutto evangelizzare
sia un servizio svolto a tutta quanta la società, cristiana e non. La società ha bisogno
di noi, ha bisogno di un’evangelizzazione, anche se il nostro risultato non sarà quello
di rendere cristiana tutta la società. Il problema non è semplicemente riempire le
panche durante la Messa. Quando ero ragazzo ho visto sacerdoti e persone che si sono
spese totalmente per noi e ho conosciuto cose talmente belle che non riuscirei a tenerle
per me. Il solo pensiero che persone e ragazzi possano crescere senza conoscere il
messaggio integrale e liberante del Vangelo… è una cosa che mi toglie l’aria!
D.
- Cosa ti sentiresti di dire a chi riscontra una difficoltà nella testimonianza nel
luogo in cui si trova?
R. - La nostra paura ha il sopravvento quando noi ci
dimentichiamo che la nostra testimonianza è importante perché le persone siano salve.
Inoltre dobbiamo ricordarci che il Signore non ci abbandona mai, dal momento che evangelizzare
è un desiderio Suo, prima che nostro. Quindi è un ruolo che svolge Lui prima di noi.
Possiamo avere la certezza che andrà a buon fine se avremo il coraggio di buttarci.
D.
- Sei il più giovane qui al Sinodo, come vivi questo tuo essere qui?
R. - La
prima impressione è stata un po’ di sana soggezione, però dopo pochi giorni ho avvertito
una grande famigliarità. In nessuna aula come in quella del Sinodo c’è una visione
globale di tutto quanto il mondo, visto non però attraverso l’occhio economico della
speculazione, ma visto con l’occhio dell’attenzione alla persona, alle sue necessità.
Le necessità di tutto quanto il mondo sono emerse in questa Aula, attraverso lo sguardo
cristiano, lo sguardo di Cristo, lo sguardo che si preoccupa degli ultimi, di quelli
che sono nella sofferenza. Ciò che mi colpisce è la grande umiltà dei partecipanti:
mi è capitato di parlare con cardinali, vescovi e sono tutte persone che nonostante
svolgano compiti di importanza cruciale, non perdono quel loro tratto di amicizia,
simpatia e cordialità che deve essere proprio di ogni cristiano. Vedo in loro dei
padri, ma anche dei fratelli!