Il leader di al Qaeda, Ayman al-Zawahiri, è tornato a farsi sentire con un messaggio
video diffuso sul web in cui invita tutti i musulmani a rapire occidentali, allo scopo
di usarli come merce di scambio per liberare i terroristi detenuti. Il successore
di Bin Laden ha inoltre esortato tutti i combattenti a unirsi alla rivolta contro
il presidente Bashar al-Assad in Siria. Per conoscere qual è la reale capacità d’intervento
di al Qaeda e quali rischi corrono i cittadini occidentali, Marco Guerra ha
intervisto il prof. Andrea Margelletti, direttore del Centro Studi Internazionali:
R. – In Afghanistan,
che è l’area principale di intervento contro al Qaeda, sono ben pochi i cittadini
che si muovono in maniera autonoma. Tutti i cittadini occidentali, e non solo, si
muovono all’interno di aree di sicurezza ben definite. Cosa diversa invece per i moltissimi
cooperanti che lavorano nelle aree di al Qaeda nel Maghreb islamico - dove gruppi
tribali e gruppi legati ad al Qaeda in numerose occasioni hanno dimostrato una forte
attività operativa - e purtroppo anche alcuni italiani sono stati rapiti, in diversi
periodi.
D. – Al Zawahiri, tra le altre cose, ha esortato gli egiziani a portare
avanti la rivoluzione fino all’applicazione della sharìa ed ha accusato Onu e Lega
Araba di dare al presidente siriano Assad la licenza di uccidere i suoi oppositori
…
R. – L’Egitto sta muovendo i primi passi verso un futuro realmente democratico.
Mi pare che il gruppo legato ad al Zawahiri abbia poco ascolto nell’Egitto attuale:
ne ha di più in alcuni gruppi radicali. Per quanto riguarda la Siria, gruppi legati
ai wahabiti – i sauditi – e non solo, stanno cercando di animare la rivolta
contro Assad, ma questo è un fatto ben noto ai Paesi mediorientali e occidentali.
D.
– Non deve preoccupare la comunità internazionale la presenza di milizie straniere
fondamentaliste che combattono al fianco dei ribelli siriani?
R. – Non solo
preoccupa, ma terrorizza, anche se non vi sono altre soluzioni finché alcuni Paesi
del Golfo persico, Paesi nominalmente amici, continueranno a giocare una politica
estera per lo meno ambigua.
D. – Come va letto questo appoggio incondizionato
di al Qaeda alle "Primavere arabe"?
R. – Come il tentativo di Al Qaeda di ottenere
un appoggio, un consenso che nel corso degli ultimi dieci anni ha visto sempre più
diminuire.
D. – A più di un anno dalla morte di Bin Laden è cambiato qualcosa
nell’organizzazione del movimento terroristico islamico?
R. – Al Qaeda è una
realtà moderna e quindi estremamente flessibile, che ha saputo adattarsi negli ultimi
anni. Ma, non di meno, dieci anni di combattimenti hanno fatto sì che questo gruppo
abbia passato fortunatamente più tempo impegnato a cercare di sopravvivere che a pianificare
attentati, come quelli che dai primi anni, dal 1990 al 2001, hanno insanguinato più
continenti.