2012-10-24 13:26:50

Ordinari cattolici di Terra Santa: no al muro nella Valle del Cremisan. "Strumentali" accuse alla Chiesa


L'Assemblea degli Ordinari cattolici di Terra Santa (Aocts) condanna con forza il progetto del muro di separazione che le autorità israeliane vogliono erigere nella valle di Cremisan, tra Betlemme e Gerusalemme. Gli ordinari cattolici smentiscono perentoriamente ogni sia pur tacito “via libera” vaticano all'opera, ritenuta illegale anche dalla Corte di giustizia internazionale che si è pronunciata a luglio 2004. Fausta Speranza ha intervistato padre Pietro Felet dell'Aocts:RealAudioMP3

R. – Il progetto è stato pensato da ormai molti anni ed è stato portato avanti lentamente. Quando raggiungerà la Valle di Cremisan? Noi non lo sappiamo, ma sappiamo che quando Israele prende una decisione, prima o poi la realizza: che sia oggi, domani o magari fra 3-4-5 anni, questo poco importa… Siamo noi che dobbiamo prendere l’iniziativa e la nostra prima reazione risale a ormai otto anni fa, quando la causa è stata portata di fronte alla Corte internazionale di giustizia. Adesso si riprende il discorso, nonostante vi sia stata una condanna.

D. – Padre Pietro, spieghiamo: lo Stato di Israele è stato condannato…

R. – E’ stato condannato dalla Corte internazionale di giustizia, ma a volte tutto ciò che è internazionale è disatteso localmente. Penso che abbia molta più forza la Corte suprema locale. Noi ora siamo disposti a andare anche alla Corte suprema di Israele per ottenere una sentenza che condanni questa costruzione su un terreno che non è parte dello Stato di Israele.

D. – Padre Pietro, questo muro ha sollevato davvero parecchie denunce di violazioni di diritti umani: la vostra è particolare. Ci spiega bene?

R. – La nostra è suscitata dal fatto che alcune voci hanno detto che la Chiesa locale e la Santa Sede sono d’accordo e che quindi esiste un accordo esplicito o implicito. Non è assolutamente secondo la verità! Non vogliamo che una falsità sia sostenuta per accendere una minaccia di violenza tra musulmani e cristiani e questo perché vendere una parte del terreno palestinese è già un crimine, condannato dalla legge palestinese. Non vogliamo ritrovarci, quindi, sul banco degli imputati, senza aver commesso un crimine. E quando la violenza si scatena è difficilmente controllabile. C’è un nostro tentativo di far sapere che la Chiesa non c’entra nulla in questo.

D. – E’ un chiarimento doveroso e importantissimo. Poi, però, ci sono anche le preoccupazioni per quello che questo muro significherebbe, al di là della polemica delle responsabilità…

R. – Io dico sempre che se Israele vuol costruire un muro è libero di costruire il muro, ma su un terreno che appartiene a Israele. Qui, invece, ci sono chilometri quadrati di terreno che se ne vanno. E’ un muro che separa una comunità da tutta una zona verde: Bejala, Betlemme… A questi abitanti, a questi contadini, rimane solo quella parte verde per piantare le olive, gli alberi da frutta. Con la costruzione del muro, sarà invece impedito il passaggio. In Israele, c’è una legge secondo la quale se un terreno è abbandonato, dopo tot anni diventa proprietà del demanio: praticamente è una confisca di terreno gratuita.

D. – Ci dice qualcosa di più di questo terreno in particolare?

R. – Questo terreno è stato comprato intorno al 1880 da un sacerdote italiano, che aveva lasciato la Liguria e si era installato nella diocesi di Gerusalemme. Aveva comprato parecchi terreni per realizzare delle opere sociali, delle scuole agricole. Questi terreni si trovano a Tantur, alle porte di Betlemme, si trovano all'inyerno di Betlemme, a Beta Jamal, a Nazareth e altrove. Come a Beta Jamal, a Cremisan è sorta una scuola di agraria e una scuola vinicola, che dava lavoro a parecchia gente e forniva vino e altri beni a molti alberghi. Era quindi un servizio reso anche al turismo che arrivava nella zona di Betlemme. Costruendo questo muro, persino la comunità dei salesiani e quella delle Salesiane sarebbero tagliate completamente fuori da un centro abitato e lontane da Gerusalemme, perché ci sarebbero molti chilometri per arrivare nella città di Gerusalemme.







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