Emiro del Qatar a Gaza: prima visita di un leader arabo "nell'era Hamas"
L'Emiro del Qatar, sceicco Hamad bin Khalifa al-Thani, è giunto ieri nella Striscia
di Gaza per una visita di alcune ore durante la quale porrà la prima pietra per un
nuovo quartiere per mille famiglie palestinesi. La leadership di Hamas ha chiesto
alla popolazione di riversarsi in massa nelle strade e nello stadio di Gaza per ascoltare
il discorso di al-Thani. Si tratta del primo capo di Stato arabo in visita nella Striscia
da quando gli islamici hanno conquistato il pieno controllo dell'enclave, nel 2007.
Del ruolo del Qatar a Gaza, Fausta Speranza ha parlato con il prof.Arduino Paniccia, docente di studi strategici all’Università di Trieste:
R. – La strategia
è la contrapposizione alla strategia siriana del dittatore Assad: cioè si vuole togliere
pezzi di alleanza, tra cui sicuramente quella di Hamas al regime siriano che cerca
di allargare il conflitto in tutta l’area. A questo punto, l’emiro Bin Khalif al Thani
si presenta ad Hamas come il benefattore e anche come "ambasciatore degli interessi
americani" nell’area, portando oltre 250 milioni di dollari di aiuti – che sono soltanto
la prima tranche – per permettere a Hamas di sviluppare una nuova politica che la
veda meno isolata, sia nella lotta contro l’Autorità palestinese, sia contro le forze
israeliane. Si vuole comprendere sempre più Hamas in questa nuova strategia di area
che vede in prima linea proprio il Qatar, in rappresentanza anche degli interessi
sauditi, americani e – sullo sfondo – perfino turchi.
D. – Chiariamo meglio,
in questo contesto, il tentativo di Assad?
R. – Il regime di Assad persegue,
come risposta all’attacco da più parti anche dal fronte arabo sunnita, il tentativo
di destabilizzare le aree vicine. Quindi: finanziare e armare i curdi in Turchia,
destabilizzare di nuovo l’area libanese, e quindi la parte mediterranea e, fino a
poco tempo fa – un anno e mezzo fa, circa – tentare di alimentare il conflitto tra
Hamas e l’Autorità palestinese onde tenere sotto scacco anche l’area di Gaza e, più
in generale, la vicenda della Palestina. Questa strategia è stata abbastanza evidente
e gli americani hanno, naturalmente, cercato di portare in prima linea non loro stessi
– sapendo che questo avrebbe portato moltissimi problemi – ma il Qatar, il Paese in
questo momento più esposto della parte del Golfo e degli Emirati, che rappresenta
interessi multipli, compreso il fatto di essere “all’avanguardia” del nuovo fronte
sunnita e della rappresentanza degli stessi Fratelli musulmani e, in piccola parte,
anche delle componenti salafite.
D. – Dunque: ha parlato di strategia, di interessi,
di Fratelli musulmani. Resta da ricordare l’obiettivo finale sullo sfondo: isolare
l’Iran…
R. – Sicuramente. L’Iran ha, ad un certo momento, rappresentato una
linea di demarcazione, quella che gli americani chiamavano la frontiera avanzata:
la frontiera avanzata sciita, che passava dal Golfo Persico fino al Mediterraneo,
appunto in una linea che univa l’Iran, gli interessi emergenti sempre più forti sciiti
in Iraq, attraverso la Siria e Assad fino al Libano e alla Palestina, con Hezbollah
e Hamas. L’obiettivo del Qatar è quello di recidere il più possibile le alleanze e
gli sforzi per tenere questa linea rossa strategica iraniana e, quindi, anche
attraverso la caduta del regime di Assad, rendere sempre più isolato l’Iran e le sue
ambizioni di potenza regionale, possibilmente nucleare – almeno negli obiettivi degli
ayatollah – nel Golfo.